“Il piano di ThyssenKrupp è respinto al mittente”. Lo dicono i sindacati, quelli locali e quelli nazionali, dal palco improvvisato in piazza a Terni dove arriva il corteo (almeno un migliaia di lavoratori in marcia) partito stamattina (18 luglio) dai cancelli delle acciaierie in viale Brin. Lo sciopero, proclamato solo ieri, dopo la presentazione di un piano industriale che “di industriale ha ben poco” - come ha commentato il segretario della Cgil umbra, Mario Bravi – è pienamente riuscito. Adesione totale e fabbrica completamente ferma.

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“Eccolo il messaggio che mandiamo all’amministratore delegato di Ast Morselli – afferma Gianni Venturi della Fiom nazionale – il loro piano è irricevibile e inaccettabile, questa piazza lo dice chiaramente e testimonia la determinazione e la compattezza dei lavoratori”. Thyssen parla di 550 esuberi, ma per il sindacato probabilmente è una stima per difetto. “Il fatto è che se si chiude un forno si dimezza di fatto la capacità produttiva – continua Venturi – e le ricadute occupazionali saranno nel tempo drammatiche”.

Il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, uscito dall’ultima manifestazione per l’Ast con la testa sanguinante dopo una carica della polizia, marcia stavolta con fascia tricolore ed elmetto in testa: “Ma è per mandare un messaggio di determinazione all’azienda, non alle forze dell’ordine”, assicura. Il messaggio è che “ci prepariamo alla battaglia”, perché la situazione è “ancora peggiore di quella di 10 anni fa, quando i tedeschi chiusero il magnetico. Stavolta in gioco ci sono i forni, ovvero il cuore pulsante delle acciaierie”.

Inevitabili i richiami all’Europa (“perché è lì che si gioca la partita”) e al governo nazionale. “Vorremmo che il nostro presidente del consiglio dimostrasse il suo protagonismo non solo nelle sfilate a Bruxelles, ma difendendo concretamente l’industria italiana”, attacca Franco Bentivogli, segretario nazionale della Fim Cisl. “Il governo ci metta la faccia - gli fa eco Guglielmo Gambardella della Uilm - Terni va considerata come un banco di prova per il rilancio dell’industria e dell’intera nazione”.

E mentre la folla in piazza si schiaccia su un lato alla ricerca di un po’ d’ombra, i delegati tengono ben in vista lo striscione del Consiglio delle Rsu, mentre i segretari di Fiom, Fim e Uilm di Terni ribadiscono la posizione del sindacato, che è sempre la stessa: “Chiediamo volumi, investimenti e prospettive per Ast e per le società controllate – spiega Claudio Cipolla, segretario della Fiom di Terni – mentre quello proposto da Thyssen è un piano puramente finanziario, che riduce volumi, occupazione e dà il via ad uno smantellamento progressivo delle acciaierie di Terni”.

Entra ancor più nei dettagli Attilio Romanelli, segretario generale della Camera del Lavoro di Terni: “Nel piano non c’è nulla sulle linee a freddo, che sono in realtà il core business del gruppo, mentre è chiaro l’obiettivo sull’area a caldo: dimezzamento”. Per Romanelli tra l’altro il piano presentato dall’ad Morselli si regge su “dati tecnici approssimativi”, che dimostrano anche “una scarsa conoscenza dei processi produttivi”. “Dire che un unico forno può fare un milione di tonnellate di fuso – osserva il segretario - è come dire che io posso andare a piedi sulla luna, è un’assurdità”.

Insomma, la distanza tra azienda e sindacato è abissale, mentre scarsa sembra la disponibilità della multinazionale a fare un passo indietro ed aprire un vero confronto. Di qui l’importanza del ruolo delle istituzioni e della politica a livello locale, nazionale ed europeo. Intanto, la prima risposta da parte dei lavoratori è arrivata, ma la battaglia si annuncia lunga e difficile.