Qualche giorno fa pubblicavamo (LEGGI) un articolo relativo alla proposta di legge firmata, tra gli altri, da Giuseppe Di Vittorio e Teresa Noce - relativa alla fissazione di un minimo garantito di retribuzione per tutti i lavoratori - annunciata alla Camera dei deputati il 14 maggio 1954. In risposta a un nostro post sui social Roberto, coordinatore Udc Firenze, movimento per la vita e associazione medici cattolici di Firenze, commentava: “Non venne approvata perché era anticostituzionale: in Italia vale la contrattazione fra le parti sociali e non la propaganda comunista”.

Cercando anche di rispondere a questo commento, vi racconto un’altra parte della storia. Il 3 febbraio del 1953, sempre alla Camera dei deputati, veniva già annunciata un’altra proposta legge di iniziativa dei deputati Di Vittorio, Lizzadri, Novella e Santi dal titolo “Fissazione della minima retribuzione dovuta ai braccianti agricoli” (allegato 1):

“È (...) noto - si legge nel testo di presentazione della proposta - che una cospicua parte dei braccianti agricoli italiani è assoggettata, specialmente nel Meridione e nelle Isole, ed anche in non poche zone dell’Italia settentrionale e centrale, ad un trattamento salariale infimo, il che mortifica gravemente la vita materiale e civile di tali lavoratori ed offende uno dei principi fondamentali della Costituzione repubblicana, quello dell’articolo 36, i1 quale vuole che ogni lavoratore goda di una retribuzione in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa (...) accogliendo queste denunce e questi voti presentiamo la presente proposta di legge sulla quale contiamo di ottenere la pronta e volenterosa adesione dell’intera Camera. Essa consiste nella fissazione dì una retribuzione minima nazionale per tutti i braccianti agricoli, salve restando le migliori e più adeguate retribuzioni che essi abbiano potuto o possano in seguito ottenere sul terreno della negoziazione individuale o collettiva; e non crediamo che qualcuno possa sollevare fondate questioni di principio contro la adozione di questa misura legislativa. Infatti, se è vero che il sistema generale previsto dalla nostra Costituzione (articolo 39) è quello che consiste nell’affidare la fissazione delle retribuzioni alla negoziazione collettiva, ciò non toglie che possa ammettersi - nella stessa materia - anche l’intervento del legislatore in tutti quei casi in cui (…) la negoziazione collettiva non possa effettuarsi o non possa comunque raggiungere il suo scopo”.

E il testo prosegue:

“Del resto il principio della fissazione delle retribuzioni minime per atto legislativo o per mezzo di organi creati dalla legge è universalmente ammesso: e basti ricordare, al riguardo, la Convenzione di Ginevra 30 maggio - 16 giugno 1928 sulla fissazione dei salari minimi (resa esecutiva anche in Italia) la quale venne adottata appunto (come dice il suo articolo 1) per sopperire a tutte quelle situazioni in cui sia difficile fissare i salari a mezzo del contratto collettivo, o in altro modo, ovvero in cui i salari siano eccezionalmente bassi. Pertanto, la nostra proposta, oltre che non urtare contro alcun principio del nostro sistema giuridico, rappresenta il compimento di un vero e proprio dovere costituzionale, sia pure entro quei limiti, purtroppo esigui, che sono imposti da una considerazione realistica delle condizioni economiche e sociali odierne”.

Una proposta similare sarà presentata (sempre a firma Di Vittorio, Lizzadri, Novella e Santi) il 18 febbraio successivo relativamente alla “Fissazione delle retribuzioni minime per i dipendenti degli enti locali”. (allegato 2)

Con decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 1953, n. 174, la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica vengono sciolti (primo scioglimento anticipato di entrambe le Camere). Il Senato veniva sciolto con un anno di anticipo (la sua durata originaria era di 6 anni, mentre la Camera con solo una settimana di anticipo rispetto alla sua durata naturale).

Evidentemente tenendo molto alle proposte di legge presentate i deputati Di Vittorio, Lizzadri, Santi, Novella e Foa - che si aggiunge - tornano a presentare il 23 luglio le due proposte di legge (allegato 3 e allegato 4) con la seguente motivazione:

“La presente proposta di legge riproduce testualmente quella già, da noi presentata, alla Camera (...); la quale proposta non ha potuto essere discussa a causa dell’intervenuto scioglimento della stessa Camera e del Senato. Poiché i motivi che hanno consigliato la stessa proposta non solo sono tuttora validi, ma si sono resi ancor più imperiosi, abbiamo ritenuto indispensabile ripresentarla raccomandandola ai vostri suffragi”.