Nel Lazio 744mila lavoratori percepiscono retribuzioni annue al di sotto dei 15mila euro. È quanto emerge dall’analisi dei dati Inps sui dipendenti del settore privato non agricolo (1,6 milioni di lavoratori), esclusi, quindi, i dipendenti pubblici, i lavoratori agricoli, i lavoratori domestici, i collaboratori e gli autonomi, con e senza partita iva. Si tratta principalmente di donne (52%) e giovani under 35 (42%). Tra i più giovani il 62% si trova al di sotto dei 15mila euro, tra le donne il 54%, contro il 39% degli uomini. "Le cause principali sono i contratti precari, il part time involontario e i bassi salari". Lo dichiara, in una nota la Cgil di Roma e del Lazio.

Guardando alle tipologie contrattuali, se tra i lavoratori al di sotto dei 15mila euro l’incidenza del tempo determinato è del 42%, per chi ha retribuzioni più alte l’incidenza della precarietà si riduce notevolmente, dal 16% per chi ha retribuzioni tra i 15mila e i 25mila, fino al 3% di chi ha retribuzioni annue sopra i 35mila euro. Discorso analogo vale per il part time: mentre il 62% dei lavoratori con retribuzioni fino a 15mila euro ha un contratto a tempo parziale, per le alte classi di retribuzione la percentuale arrivano fino ad azzerarsi. Particolare è la condizione delle donne: nonostante abbiano una maggiore incidenza di contratti a tempo indeterminato si ritrovano a percepire meno di 15mila euro l’anno, principalmente a causa del part time involontario che riguarda tre donne su quattro.

I settori con la maggior incidenza di lavoratori al di sotto della soglia dei 15mila euro di retribuzione annua sono i servizi di alloggio e ristorazione (85%), le attività artistiche, sportive e d’intrattenimento (64%), nell’istruzione (57%), punte importanti anche nella sanità privata, l’assistenza sociale e il commercio (43%).

"Questi numeri – conclude la Cgil regionale – evidenziano come il lavoro povero sia tra le principali emergenze da affrontare a Roma e nel Lazio. Servono maggiori controlli, interventi normativi per eliminare la precarietà, il lavoro sommerso e il dumping salariale. Occorre che le istituzioni nazionali, comunali e regionali si impegnino a monitorare gli appalti pubblici e ad aumentare gli interventi strategici perché le conseguenze della precarizzazione del lavoro e dei bassi salari spinge le persone a rinunciare ad alcuni diritti fondamentali, come le cure sanitarie, a risparmiare anche sul cibo, a discapito della qualità dei prodotti che comprano, e a rinunciare ad attività ricreative e di svago".