Un esercito pacifico di lavoratori ha invaso il Forum di Assago a Milano. Novemila delegate e delegati riuniti da Cgil, Cisl e Uil per discutere di lavoro, ambiente, giovani, fisco e pensioni nel tempio sportivo milanese per eccellenza collocato nel grande complesso di Milanofiori e ubicato, emblematicamente, in via Giuseppe Di Vittorio.

Sugli spalti gremiti le lavoratrici e i lavoratori delle principali, e più dure, vertenze in corso, Mercatone Uno, con le dipendenti sempre più incerte che scrivono “non molliamo”. E poi ancora Auchan-Conad, con una domanda semplice: “Quale futuro per i 18.000 lavoratori”, la Candy di Brugherio, Piaggio Aerospace e così via.

È tempo di risposte per tutti i lavoratori italiani e per l’intero paese: questo, pur nella diversità delle singole storie e provenienze, è il tratto comune dei diversi interventi che si sono susseguiti dal palco. D’altro canto l'assemblea è stata organizzata dalle tre confederazioni proprio in un momento cruciale per la vita del paese e si colloca in continuità con le iniziative e le mobilitazioni che si sono susseguite negli ultimi mesi, a partire dalla manifestazione unitaria dello scorso 9 febbraio a Roma. Su questo, sulle risposte, è stato molto chiaro Maurizio Landini, nell'intervento che ha chiuso l'evento: vogliamo risposte, il governo deve capire che il paese lo deve cambiare con noi

In mezzo certamente un segno forte di discontinuità c'è stato: la nascita del governo Conte bis con un'interlocuzione con le parti sociali che sembra nuova e che rende necessario confrontarsi, fare il punto della situazione, delineare strategie da seguire a partire dalla piattaforma unitaria licenziata dalle tre Confederazioni lo scorso gennaio. Le parole, i toni, i linguaggi sono effettivamente cambiati come ha dimostrato il recente incontro sulla legge di bilancio del 7 settembre tra Conte e i sindacati che, come ha riconosciuto a caldo lo stesso Landini, ha rappresentato un "passo nella direzione giusta".

Il passaggio però è delicato, perché alle parole devono seguire, appunto, i fatti, vero banco di prova per capire se la sensibilità della politica è davvero cambiata e se le aspettative sono ben riposte. E sui fatti le tre confederazioni - fedeli alla propria tradizione democratica e partecipativa – hanno ritenuto importante ascoltare quei soggetti che rappresentano alla vigilia di una serie di altri incontri specifici con l'esecutivo prima del varo della manovra. Poiché è evidente che non c'è rappresentanza senza coinvolgimento diretto e confronto.

Al Forum di Assago è stata plasticamente evidente la forza dei lavoratori in un sindacato unito che li rende ancora più forti e determinati tanto più è minacciata – sembra un paradosso ma in fondo non lo è – la dignità del lavoro e la forza delle organizzazioni che lo rappresentano.

A partire dal “grido” lanciato da Pippo Graziano, Rsa Fillea del cantiere Bolognetta Scpc sulla Palermo-Agrigento. “Il mio cantiere è fermo, non lavoro, siamo in cassa integrazione da febbraio. Ma se vado in giro a cercarmi un’occupazione, mi dicono che sono troppo vecchio. Tuttavia, dopo 38 anni di contributi, non posso ancora andare in pensione. Insomma: sono troppo vecchio per lavorare e troppo giovane per andare in pensione. Bisogna mettersi d’accordo”. Ma non è ovviamente solo una pur importante questione di sopravvivenza personale: “In Sicilia, se si fermano tre o quattro cantieri, si perdono migliaia di posti di lavoro, tra diretti e indotto. Un disastro per una regione come la nostra”. Per non parlare dei disagi per i cittadini: “Palermo non ha una metropolitana, così come Catania: tutto è fermo, mancano collegamenti e infrastrutture, a danno dei cittadini e dei turisti”. Cosa chiedere alla politica? “Nei mesi scorsi è venuto da noi Toninelli – ha raccontato Graziano – e ci ha detto che con lo sblocca cantieri si sarebbe ripartiti, ma così non è stato, qui è ancora tutto fermo”. Sul piano personale, il delegato è davanti a un bivio: “Mia figlia è andata in Portogallo, si trova bene, e sono indeciso se seguirla o rimanere qui”.

Non solo i giovani dunque a pensare di lasciare il paese. Ma certamente tanti giovani lo fanno, soprattutto nei segmenti medio-alti della formazione e del mercato del lavoro. Lo ha ricordato alla platea dei Forum di Assago Giulia Ranieri, tecnologa al Cnr di Bari e dirigente Fir Cisl pugliese. “Sappiamo che con il nostro lavoro cresce il sapere e così si favorisce l’innovazione per il paese. Ma abbiamo tante difficoltà: finanziamenti scarsi, laboratori e strumentazioni vecchie che diminuiscono la nostra attrattività verso i ricercatori europei. E così spesso i nostri giovani preferiscono lasciare l’Italia e andandosene si portano via un pezzo di futuro del Paese”. E la politica? “I diversi enti sono vigilati da ben sette ministeri – ha sottolineato la tecnologa – ma la politica oltre a interferire non sembra interessarsi a noi. Conte ha detto recentemente che bisogna investire in ricerca, ma le parole appunto non bastano più, bisogna passare ad azioni concrete”. E il piano concreto purtroppo è fatto di “un contratto scaduto, risorse insufficienti e precariato che avanza”, e invece “bisogna pensare al presente per preparare il futuro del paese”.

Un presente fatto di tanta precarietà, pochi diritti e scarse retribuzioni, soprattutto nel settore dei servizi. È il racconto spietato di Daniela Rummo, Rsa Uiltucs di un’azienda torinese di ristorazione collettiva, che ha scandito con grande efficacia la sua situazione: “Sono una part-time ‘bassa’, che vuol dire poche ore di lavoro ai minimi del contratto nazionale, cioè 15 ore alla settimana per 9 mesi”. E alla bassa retribuzione corrisponde una bassa contribuzione, “visto che mi servono due anni di lavoro per mettere insieme un anno di contributi pieni, e non godo del bonus Renzi, della Naspi quando non lavoro, né della possibile riduzione del cuneo fiscale, perché guadagno cosi poco da essere nella no tax area”.

Insomma, ha esemplificato Rummo con grande efficace, “sono tra quelle italiane che legalmente non pagano le tasse, ma io le tasse le vorrei pagare, perché vorrebbe dire che non sono povera”. La delegata ha anche indicato alla politica delle cose che si possono fare, i famosi “fatti”: “Incentivare il cumulo di rapporti lavorativi ammessi oggi ma non praticati, perché le aziende vogliono l’esclusività per usare più flessibilità possibile. E poi un maggior costo per i part-time sotto le 20 ore settimanali e cambiare il computo dei contributi previdenziali ai fini pensionistici”.

Non poteva mancare un rappresentante delle pensionate e dei pensionati. Laura Puccini, segretaria della Lega pensionati Spi di Montagna Pistoiese, ha raccontato con grande partecipazione la difficoltà di fare sindacato per gli anziani in una piccola lega con mille iscritti, in un territorio complesso “e impoverito dai servizi che mancano: nidi, medici di famiglia, banche, poste, negozi nelle piccole frazioni”; e poi ancora lo spopolamento che fa chiudere plessi scolastici e le poche grandi aziende che hanno negli anni chiuso i battenti”. Ma in questo deserto il sindacato è vivo e attivo e così l’apertura di una nuova sede dove fornire aiuto e consulenze alle persone “è un grande successo, un presidio di civiltà”. Così come la “contrattazione sociale con i Comuni, che riesce pur nelle grandi difficoltà a ottenere risultati importanti per i cittadini”. Ruolo e funzione insopprimibile dei sindacati, perché la politica da sola non basta. Questo, esplicitamente o implicitamente, è risuonato con insistenza nel Forum di Assago.

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