Per Almaviva Contact è una corsa contro il tempo. Lunedì 9 settembre scatteranno 1.600 esuberi a Palermo, ossia il 60 per cento dell’intero personale del capoluogo siciliano, disposti dopo il taglio delle commesse da parte di Wind Tre e Tim. Bisognerebbe raggiungere un accordo prima di quella data, ma la crisi di governo ha davvero complicato tutto terribilmente. Azienda e sindacati chiedono interventi per il settore dei call center, e per i primi di settembre erano stati calendarizzati sia il tavolo di settore sia quello specifico di Almaviva. Ma la caduta dell’esecutivo giallo-verde ha bloccato tutto.

L’ultimo incontro al ministero dello Sviluppo Economico, il 31 luglio scorso, si è concluso con un nulla di fatto (anche per l’assenza del ministro Di Maio). Sindacati e tecnici del dicastero hanno chiesto all'azienda di bloccare le procedure di licenziamento e di proseguire con gli ammortizzatori sociali, ma la società ha alzato un muro, sostenendo che la crisi è sistemica e non è comunque più possibile continuare con la cassa integrazione. A quel punto Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Tlc hanno proposto di usare anche il fondo di integrazione salariale, ammontante a circa 20 milioni di euro stanziati per il 2019, per evitare i licenziamenti, ma Almaviva si è dimostrata sorda anche a questa richiesta.

“Serve un impegno concreto per creare occupazione, non le mance degli ammortizzatori sociali”. Questo il commento del segretario generale Slc Cgil Palermo, Maurizio Rosso, a conclusione del vertice: “Il settore deve poter vivere e trasformarsi con una politica industriale e con riforme strutturali, di cui finora non abbiamo vista traccia. Stop alle delocalizzazioni all'estero, certezza dei contratti, rispetto delle tariffe contrattuali e un fondo strutturale per il comparto: queste sono le cose da fare”. Rosso ha poi ricordato che “le multinazionali hanno pagato le licenze in Italia il triplo che nel resto d'Europa, sei miliardi e mezzo. Dai soldi che lo Stato ha incassato si ricavi un fondo di 100 milioni per riqualificare i lavoratori e costruire una politica industriale che possa essere foriera di lavoro e occupazione”.

Tornando alla tabella di marcia, bisogna anzitutto ricordare che il 30 novembre prossimo terminerà il Fondo d’integrazione salariale(Fis), cioè il sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa. Per licenziare, e quindi per non trovarsi il 1° dicembre “scoperta” dagli ammortizzatori sociali, la società dovrà avviare la procedura entro venerdì 7 settembre. E, come si diceva, Almaviva intende proprio procedere su questa strada, come del resto fece per il sito di Roma, dismesso nel dicembre 2016 con conseguenti 1.660 licenziamenti.