Del numero di incontri si è quasi perso il conto. Tanto rumore per nulla: per non dirsi niente. Prosegue in questo modo il confronto sulle pensioni: oggi (5 settembre) è stato riconvocato il tavolo con l’Osservatorio voluto dalla ministra Calderone. Si discute di lavori gravosi e donne. Lo scetticismo però è grande: sinora non è arrivata nessuna risposta alle richieste di riforma radicale della Fornero contenute nella piattaforma unitaria dei sindacati, nonostante gli impegni in campagna elettorale a mettere le mani a fondo nel sistema previdenziale italiano.

“Questo governo – attacca Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil – è riuscito a fare peggio dei governi precedenti. C’è un problema di metodo, ancor prima che di merito”. D’altra parte, aggiunge la sindacalista, “nonostante i tavoli di confronto sui diversi capitoli previdenziali conosciamo le posizioni dell’esecutivo solo leggendo i giornali. Sono quotidiane le notizie di analisi e verifiche che questo governo sta facendo e su cui non c’è mai stato alcun confronto, anzi molte addirittura vanno esattamente nella strada opposta che al tavolo noi, ma anche le altre organizzazioni, abbiamo proposto”.

Da ultima ci sarebbe la notizia che per trovare risorse per la legge di bilancio il governo Meloni sarebbe pronto a tagliare nuovamente la rivalutazione delle pensioni dopo averlo fatto già nella scorsa legge di bilancio, sia per il 2023 che per il 2024. Sarebbe, questo, l’ennesimo taglio a danno di coloro che magari hanno lavorato e versato i contributi per 40 anni e che in questo paese sopportano – insieme ai lavoratori dipendenti – il carico dell’irpef.

“Su questo tema – ribadisce la segretaria confederale – avevamo chiesto un tavolo specifico che potesse affrontare per noi la piena rivalutazione delle pensioni e il rafforzamento della quattordicesima”. Ovviamente non è arrivata nessuna risposta. Anche sul decreto Pa2 che questa estate ha affidato ad Assoprevidenza la gestione della promozione della previdenza complementare non si è mai parlato nel corso dei diversi tavoli.

Lavori gravosi: c’è molto da fare

Il sistema previdenziale italiano, spiega Ezio Cigna, coordinatore delle politiche dei diritti e della previdenza per la Cgil, “recepisce la gravosità solo per il diritto ad accedere al pensionamento. Attualmente un lavoratore riconosciuto gravoso ha solo la possibilità di uscire prima dal lavoro, ma non ha nessun beneficio sul calcolo della pensione”. Il risultato è evidente: in un sistema contributivo come il nostro, questo lavoratore o lavoratrice avrà un trattamento pensionistico più basso. Bisognerebbe, allora, cambiare sistema agendo sul coefficiente di trasformazione e legandolo all’attesa di vita. Cigna: “I dati dimostrano infatti che un lavoratore gravoso in media ha un’attesa di vita inferiore ad altri”.

Non solo: le norme attuali confinano il tema della gravosità all’interno di due sole misure, cioè l’ape sociale e i precoci. La platea va invece allargata. Un po’ di numeri aiutano a capire: nel 2022 solo 7.000 domande sono state accolte per i precoci riconosciuti gravosi e ancora più bassa la quota di chi si è visto riconoscere l’ape sociale: appena 2.200 persone. “Numeri molto bassi, che fanno comprendere quanto sia necessario un intervento”, dichiara Cigna.

Queste nello specifico le richieste della Cgil al tavolo. In prossimità della scadenza del 31 di dicembre serve innanzitutto una proroga dell’ape sociale, con un unico elenco dei lavoratori gravosi ottenuto estendendo quello dell’ape sociale ai precoci. Il requisito contributivo va poi abbassato da 36 a 30 anni. Per quanto concerne i lavori i usuranti, invece, per la Confederazione, bisogna prendere atto che il mondo del lavoro è cambiato e che dunque vanno riconosciute come tali tutte quelle attività oggi escluse. 

Oltre a un allargamento delle attività, secondo Cigna “bisogna rivedere l’attuale riconoscimento per chi svolge un lavoro notturno, modificando e allargando le fasce orarie e considerando anche l’età. Infine, sempre sugli usuranti, “sarebbe necessaria una modifica della procedura, che porta attualmente almeno due terzi delle domande presentate a essere respinte”.

Le donne: solo slogan

È l’altro tema dell’incontro. Anche qui, slogan a parte, finora non c’è stato nessun riscontro positivo. Opzione donna, su cui la ministra Calderone si era impegnata fin dal primo incontro, come è noto è stata praticamente azzerata con l’ultima legge di bilancio. Una misura certamente parziale e penalizzante per tante lavoratrici, ma una correzione per dare una risposta alle oltre 20 mila donne che mediamente ne fanno richiesta, avrebbe rappresentato un primo, timido passo per dare credibilità al confronto complessivo sulla previdenza.

Per capire la posta in gioco bisogna ricordare che le donne sono state le più colpite dalla riforma Fornero, che di fatto ne ha allungato l’età pensionabile: sette anni per chi aveva iniziato a lavorare prima del 1995 e molti di più per chi è nel regime contributivo, visto che non riuscirà mai a raggiungere gli importi soglia per la pensione prima dei 73 anni.

Parlare di donne significa affrontare le tante disuguaglianze che si sono sedimentate nel nostro mercato del lavoro e che hanno un impatto anche sul futuro previdenziale. Proprio per questo è necessario un vero riconoscimento del lavoro di cura – non solo per le donne – e della maternità.

Per una riforma strutturale

La posizione della Cgil, conclude Ghiglione, è chiara: “Dopo anni di interventi più o meno improvvisati, estemporanei e regressivi è indispensabile mettere mano ad una riforma strutturale della previdenza che corregga le tante storture e iniquità che si sono accumulate e che restituisca certezza, stabilità sostenibilità sia dal punto di vista degli equilibri della finanza pubblica che sociale”.

“In assenza di risposte - conclude la sindacalista - la previdenza resterà una delle tante ragioni della nostra mobilitazione che ci riporterà in piazza nelle prossime settimane”.

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