Un dato è certo: a San Nicola di Melfi, Basilicata, decine di operai si sono ammalati di asbestosi e alcuni sono morti a causa del tumore alla pleura provocato dall’amianto. A dirlo è l’inchiesta della Stampa sull’esposizione all’amianto dei 500 lavoratori lucani impiegati presso lo stabilimento locale della Barilla. In un articolo pubblicato dal quotidiano torinese sabato scorso (11 ottobre) si legge infatti che l’intera struttura del sito lucano (compresi la fabbrica e i capannoni) sarebbe rivestita di onduline in amianto senza alcuna sicurezza, gli  operai esposti direttamente alla sostanza tossica.

“A questo punto – afferma il segretario nazionale della Flai Cgil Roberto Montagner – i lavoratori e i sindacati hanno il diritto di sapere cosa sta accadendo realmente. Non possiamo più accontentarci delle parziali smentite da parte dell’azienda. Se la notizia fosse confermata dalle indagini, infatti, costituirebbe una vera e propria emergenza sanitaria che per gravità e dimensioni non avrebbe precedenti”.

Lo stabilimento ha più di vent’anni. Scrive La Stampa riportando le frasi di Antonio, che mantiene l’anonimato per timore di ritorsioni dell’azienda: “I tetti sono pieni di eternit che si sta frantumando. Qui in cambio del lavoro mi hanno regalato l’asbestosi. I miei polmoni sono pieni di cicatrici e faccio difficoltà a respirare. Ho una famiglia coi figli e non posso permettermi il lusso di morire”. E non è l’unico caso, anche se gli operai ammalati temono il licenziamento e parlano solo a microfono spento. Anche Luigi s’è guadagnato l’asbestosi: “Devo fare le prove di funzionalità respiratoria e altre radiografie. Speriamo alla Madonna”.

La Stampa ha anche interpellato la sede centrale di Parma, da dove sminuiscono: “È tutto in regola e di amianto non c’è neanche l’ombra. Visitare lo stabilimento? Non possiamo autorizzare nulla: siamo impegnati nel business e non abbiamo tempo per queste verifiche giornalistiche”. Ma, scrive ancora il quotidiano, “basta poco per avere qualche dubbio: anche dall’esterno le parole degli operai sembrano trovare conferma: quello che si vede pare proprio crisotilo nell’eternit (impastato al cemento) in evidenti condizioni di friabilità. Eppure l’Asl e l’Agenzia regionale per l’ambiente - enti preposti alla tutela della salute pubblica - non sono mai intervenuti”.

Conclude il dirigente sindacale della Flai: “Chiediamo che la magistratura intervenga per verificare la veridicità dei contenuti dell’inchiesta giornalistica, che la Regione Basilicata si adoperi per accertare l’effettiva presenza di amianto non trattato nello stabilimento e che l’azienda Barilla chiarisca la sua posizione e agisca tempestivamente informando le organizzazioni sindacali sul reale stato delle cose”.

Secca la smentita della Barilla: “Non c’è alcun rischio amianto né per i dipendenti né per i prodotti. La Flai riporta informazioni totalmente false e denigratorie relative allo stabilimento di Melfi, già smentite sabato scorso”. Precica il comunicato del gruppo alimentare: “Non si sono verificate né sono state denunciate patologie inerenti i dipendenti dello stabilimento, né casi di decesso, riconducibili alla presenza di amianto; lo stabilimento di Melfi è certificato Brc (certificazione qualità del prodotto) e Iso 14001 (certificazione ambientale) da diversi anni, il che esclude la possibilità, alla quale in modo del tutto gratuito accenna l'articolo in esame, che all'interno dell'area industriale siano stoccate sostanze tali da essere pericolose per la salute delle persone o per l'ambiente".

Prosegue la nota: "L'impianto di Melfi, così come tutti gli stabilimenti Barilla, previo accordo per non interferire sul normale svolgimento dell'attività produttiva e a tutela della sicurezza dei prodotti, è da sempre aperto a visite organizzate e ai giornalisti. La società Barilla e i suoi collaboratori operano quotidianamente per realizzare prodotti di qualità nel rispetto delle leggi vigenti, a partire dalla tutela della salute sui luoghi di lavoro. Un articolo come quello in esame getta discredito sull'immagine dell'azienda e sulla professionalità dei suoi collaboratori. Per questo motivo - conclude l'azienda - ci riserviamo ogni più ampia tutela legale nelle sedi competenti”.