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In un’intervista al Corriere della Sera, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini sottolinea l’importanza del referendum a poco più di un mese dal voto dell’8 e 9 giugno. E continua a lanciare l’allarme sul silenzio mediatico intorno a questa campagna referendaria. “Tv, giornali, organi di informazione non ne stanno parlando a sufficienza, e il governo non si esprime”.
Troppi silenzi sul referendum
Perché tutto questo silenzio? “Perché, mettendo insieme i diritti del lavoro e di cittadinanza, si punta a cambiare radicalmente le politiche degli ultimi trent’anni, che hanno imposto a giovani e donne una condizione di eterna precarietà. Non si vogliono cioè rimettere in discussione gli attuali rapporti di forza e far sì che la nostra Costituzione sia davvero applicata. Qualcuno ha paura della democrazia e preferisce il silenzio”, dice Landini.
I cinque quesiti
I quesiti sono molto precisi. “Votando sì – sottolinea il segretario generale della Cgil – di fronte a un licenziamento ingiusto, si ripristina il reintegro nel posto di lavoro. E nelle piccole imprese si ottiene un aumento delle tutele. Con un terzo referendum, il sì ripristina i limiti ai contratti a termine, contrastando la precarietà. Con un quarto, la vittoria dei sì rende responsabili le aziende committenti di garantire la salute e la sicurezza sul lavoro negli appalti e nei subappalti. Infine, sosteniamo il referendum sulla cittadinanza, perché il sì ridurrebbe da 10 a 5 anni il periodo di residenza necessario a persone che lavorano e pagano le tasse in Italia per diventare cittadini”.
L’importanza del voto
Landini ribadisce l’importanza di esercitare un esercizio di democrazia come il voto. “Il silenzio o addirittura l’invito ad andare al mare sarebbero un atto antidemocratico. Per questo ho trovato molto importante che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 25 aprile, abbia ricordato che la lotta all’astensionismo è fondamentale per la tenuta della democrazia”.
L’imbarazzo del governo
"Finora vedo un inquietante silenzio, non so se per imbarazzo o per scelta”, sottolinea Landini. Il motivo? “Perché i provvedimenti presi da questo esecutivo vanno in direzione opposta, sia sulla cittadinanza sia sulla liberalizzazione dei contratti a termine. Ma voglio dire che questi referendum non sono contro questo o quel governo o forza politica, tanto più che, l’attuale maggioranza non votò il Jobs act, legge del governo Renzi. Questi referendum sono contro una cultura dominante, quella che Bergoglio chiamava cultura dello scarto, che ha attraversato governi di diverso colore, dove il profitto e il mercato l’hanno fatta da padrone. Noi, invece, vogliamo rimettere al centro il lavoro, le persone e i loro diritti”.
Votare sì per cambiare subito
Le conseguenze se dovesse passare il referendum sono sotto gli occhi di tutti: “Votando sì, ciascun elettore è come se fosse un parlamentare capace di determinare cambiamenti immediati: 2,5 milioni di persone acquisterebbero la cittadinanza; 4 milioni di lavoratori assunti dopo il Jobs act riacquisterebbe il diritto al reintegro; 4 milioni di lavoratori delle piccole imprese avrebbero più tutele; verrebbe circoscritto l’uso del contratto a termine; milioni di lavoratori sarebbero più tutelati sulla sicurezza”.