Ponte sullo Stretto, la Corte dei conti dice no. I giudici contabili hanno bocciato la delibera Cipess che impegna 13,5 miliardi di euro per l’opera e in virtù della quale il governo ad agosto aveva dato il via libera alla realizzazione, sollevando molti dubbi di legittimità. Sotto la lente dei magistrati, le coperture economiche, l’affidabilità delle stime di traffico, la conformità del progetto definitivo alle normative ambientali e antisismiche.

Le motivazioni ufficiali del diniego saranno rese note entro 30 giorni, ma già nell’udienza di ieri la magistrata delegata Carmela Mirabella ha evidenziato tutta una serie di anomalie alle quali il governo e i ministero competenti, Infrastrutture e Mef, non hanno risposto in modo puntuale.

Tante anomalie

A cominciare dalla cosiddetta delibera Iropi, quella che ha portato il consiglio dei ministri a definire il Ponte “opera urgente e di necessità dello Stato”, che a quanto pare non sarebbe firmata. Anche le schede per la quantificazione dei costi non sono risultate chiare: la magistrata ha sottolineato che dopo averlo fatto rilevare, i ministeri hanno risposto che erano state fornite schede non aggiornate. “Come possiamo approvare una delibera di questa portata con documenti errati?” ha spiegato Mirabella.

Rischio di infrazione

Poi c’è la questione del rischio di una procedura di infrazione Ue, che non è secondaria. Le norme europee obbligano a indire una nuova gara se il costo cresce del 50 per cento rispetto alla spesa iniziale: anche su questo fronte restano dubbi sull’iter del ponte sullo Stretto, sostiene la sezione centrale di controllo di legittimità sugli atti del governo e delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti.

La bocciatura ha fatto andare su tutte le furie il governo Meloni, sebbene non fosse inaspettata, considerate le criticità che i giudici avevano sollevato nelle settimane scorse. I membri dell’esecutivo hanno accusato i giudici di compiere un atto di invasione sulle scelte del governo e del parlamento, di aver compiuto “una scelta politica più che un sereno giudizio tecnico”, sostenuto che si tratta di un grave danno per il Paese. 

Clamoroso fallimento 

“La decisione della Corte dei conti di bocciare la delibera Cipess è la prova definitiva di ciò che denunciamo da mesi – commenta il segretario confederale della Cgil Gino Giove –: dietro alla propaganda del fare, il governo Meloni e il ministro Salvini nascondono un clamoroso fallimento di legalità, trasparenza e competenza. Inaccettabile la risposta dell’esecutivo: non sono le toghe a bloccare il Paese, ma l’inadeguatezza di chi governa. E ignorare i rilievi della Corte per pura ostinazione politica significherebbe trasformare un errore amministrativo in un danno certo per lo Stato”.

La risposta della Corte

La risposta della Corte dei conti agli attacchi del governo non si è fatta attendere: “La Corte dei conti tramite la sezione di controllo di legittimità si è espressa, nella giornata di ieri, su profili strettamente giuridici della delibera Cipess, relativa al piano economico finanziario afferente alla realizzazione del ponte sullo Stretto – ha sottolineato in una nota -, senza alcun tipo di valutazione sull'opportunità e sul merito dell'opera. Il rispetto della legittimità è presupposto imprescindibile per la regolarità della spesa pubblica, la cui tutela è demandata dalla Costituzione alla Corte dei conti. Le sentenze e le deliberazioni della Corte dei conti non sono certamente sottratte alla critica che, tuttavia, deve svolgersi in un contesto di rispetto per l'operato dei magistrati”.

La legalità non è un ostacolo

“Invece di rispondere nel merito, il governo reagisce come sempre attaccando chi osa controllare e scaricando le proprie colpe sulla magistratura contabile – prosegue Gino Giove –. Il vecchio trucco del potere che quando non ha argomenti trasforma la critica in persecuzione. Ed è inquietante che la premier proponga una riforma punitiva contro la magistratura contabile, come se la legalità fosse un ostacolo e non un dovere. Così si scivola verso una concezione autoritaria del potere, dove chi governa vuole decidere tutto, senza che nessuno possa chiedere conto degli errori”.

Secondo quanto riportato da organi di stampa, il governo starebbe valutando di andare comunque avanti, facendo leva su una norma che in caso di rifiuto della Corte consentirebbe al consiglio dei ministri di autorizzare comunque l’avvio dei lavori. 

Per la confederazione “saremmo di fronte a un fatto gravissimo, che attiverebbe il contratto con la società concessionaria senza le necessarie garanzie giuridiche e contabili, esponendo il Paese a rischi enormi di esborsi economici e contenziosi miliardari”.

Fermare questa follia

“Il governo deve fermare questa follia e fare un passo indietro – conclude Giove -. Attendiamo le motivazioni scritte e valuteremo i prossimi passi utili per tutelare l'interesse collettivo contro ogni spreco di risorse pubbliche, già avvenuto e futuro. Risorse che vanno impiegate per modernizzare davvero la Sicilia e la Calabria, per l’acqua nelle case 24 ore su 24, per infrastrutture funzionanti, lavoro stabile e di qualità, e per politiche industriali vere per fermare la desertificazione produttiva che costringe i giovani ad abbandonare le loro terre. Con il ritiro del progetto si recuperano immediatamente 4 miliardi della legge di bilancio in discussione, da destinare alle infrastrutture veramente strategiche per il Paese”.