Sette concorsi avviati, di cui ben cinque portati a termine. Eppure a settembre la scuola riparte con 150 mila supplenti in cattedra su un totale di 850 mila: quasi uno su cinque è dunque precario. Ma la percentuale sale drammaticamente ai due terzi nel sostegno, proprio laddove più ci sarebbe bisogno della continuità didattica. 

Un inizio simbolico: poco più di una settimana prima delle elezioni politiche. Quella politica che continua a non saper risolvere un’equazione che pure parrebbe semplice: un prof titolare in cattedra per ogni materia e ogni classe. Sembra incredibile: per due anni la scuola, la sua comunità educante, ha resistito all’onda d’urto della pandemia. Un argine, nonostante le mille mancanze, difficoltà che si è vista costretta ad affrontare, a partire da una dad organizzata in emergenza e dalle croniche carenze d’organico. Tutti hanno riconosciuto questo sforzo, tutti hanno promesso, ma alla fine il risultato è sempre lo stesso: la scuola ricomincia nel segno del “senza”. E anche le frasi sono sempre le stesse, con il ministro Bianchi che annuncia: a settembre tutti i docenti saranno in cattedra.

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In realtà, per i 7,4 milioni di studenti – 100 mila in meno rispetto allo scorso anno a causa della denatalità: altro tema su cui occorre riflettere e che non riguarda solo la scuola – non sarà affatto così e questo nonostante che nel 2021 siano stati assunti 60 mila insegnanti. I conti sono presto fatti. Il Mef ha autorizzato, attraverso concorsi che vanno dalla scuola dell’infanzia alle superiori, 94.130 assunzioni. Tuttavia, sebbene il numero non sia sufficiente a coprire le cattedre vacanti (soprattutto al Nord), alla fine non si arriverà alla copertura del 50% dei posti e i motivi sono quelli denunciati più volte dai sindacati: innanzitutto l’alto numero di bocciati in prove a quiz di stampo puramente nozionistico e talvolta anche sbagliati. Ma, anche, graduatorie esaurite in tante discipline, soprattutto al Nord: una delle ragioni per la quale i sindacati chiedevano una procedura straordinaria per immettere subito in ruolo i precari storici, quelli che insegnano da tanti anni e che, non si capisce perché, dovrebbero dar prova di saper insegnare attraverso un test. Si tratta di uno dei tanti abbagli prodotti dall’ideologia meritocratica.

A completare questo quadro drammatico, ci sono anche altri dati. Restano prive di dirigente titolare 236 sedi scolastiche (Il Mef ha autorizzato solo 361 assunzioni sulle 589 richieste dal ministero) e mancano all’appello 17.588 Ata, visto che ne sono stati assunti solo 10.116 unità a fronte di 27.704 posti liberi.

Un caso su tutti: Modena

Allarmi su questa situazione piovono un po’ da tutti i territori ed è impossibile darne conto esaustivamente. Claudio Riso, segretario generale della Flc Cgil di Modena, racconta che nella provincia i precari saranno “oltre i 3.000,superando anche il dato dello scorso anno, quando i docenti precari sono stati poco più di 2.700. Dopo le immissioni in ruolo sono infatti rimasti liberi, sui diversi ordini di scuola, 1.250 posti che saranno coperti con assunzioni di personale a tempo determinato. Altri 1.000 posti a tempo determinato sono destinati poi al delicatissimo ruolo di insegnante di sostegno: quasi nessuno dei docenti che dovrà ricoprire questo incarico, importante e difficile, sarà però in possesso della necessaria specializzazione.  Come accade ormai da anni, avremo quindi un migliaio di giovani docenti precari che, con molta buona volontà ma senza nessuna formazione specifica, lavoreranno sui casi più delicati e complessi".

"Un altro migliaio di supplenze – tra posti interi e spezzoni orari – saranno quelle che deriveranno poi dall’adeguamento degli organici. Si superano quindi i 3.000 docenti precari, e ne deriva che nelle scuole modenesi più di un docente su quattro non è di ruolo, con tanti saluti alla continuità didattica”, commenta il dirigente sindacale.

Ma non è solo una questione di docenti. Ancora Riso spiega come “su 88 istituti scolastici della provincia di Modena ben 24 sono senza un direttore dei servizi generali e amministrativi e dovranno ricorrere ad assistenti amministrativi che si faranno carico di ricoprire tale ruolo come facenti funzione”. Non solo: “Quasi tutte le segreterie, che tengono in piedi la macchina amministrativa, sono al collasso: poco personale, quasi sempre precario, poco o addirittura per nulla formato per gestire il complesso lavoro da fare”.

Infine, direttamente collegato al capitolo organici, quello delle classi pollaio: “Anche quest’anno avremo classi, in particolare negli istituti superiori, con punte di 27/29 alunni. È il frutto della ‘logica della calcolatrice’, che pur di risparmiare su risorse e personale consente di sforare limiti e capienze massime”.

Insomma, sarà pur vero che sulla scuola tra fondi del Pnrr e quelli per la pandemia sono arrivati una pioggia di soldi (oltre 20 miliardi), ma senza personale, difficile pensare che la comunità educante, nonostante il suo impegno, possa assolvere pienamente al suo compito.