Quattro milioni di studenti e studentesse sono tornati a scuola oggi in 10 regioni. In presenza. E questa è una buona notizia. Ma l’anno si apre con tante incognite e poche novità sui soliti nodi irrisolti: tanti precari in cattedra (per i sindacati ci saranno 200.000 supplenze), classi pollaio, pochissimi interventi su trasporti ed edilizia scolastica. Nodi antichi, che però incrociano – e condizionano – le incertezze legate a una pandemia che non è ancora finita. Il tutto condito da un clima che quest'estate ha dipinto gli insegnanti – il 94 per cento dei quali è vaccinato – quasi fossero irresponsabili no vax. 

Una situazione insomma ancora piena di incognite e anche per questo gli studenti hanno deciso, proprio nel primo giorno di scuola, di scendere in piazza. Mobilitazione dunque davanti al ministero dell'Istruzione e in più di cinquanta scuole in tutto il Paese e nelle maggiori città, tra cui Roma, Palermo, Firenze, Genova, Bari, Padova e molte altre. Denunciano, si legge in una nota della Rete degli studenti medi, “l'assenza di certezze sul rientro scolastico, il mancato coinvolgimento nelle decisioni prese e l'inesistenza di qualsiasi piano di investimento per il futuro delle nuove generazioni, a partire dal Pnrr”. 

Il rientro scolastico, per il secondo anno consecutivo, secondo gli studenti “sembra essere un susseguirsi di slogan più che di misure ad hoc per garantire il diritto allo studio a tutti. Dopo due anni di assenza di scuola siamo felici che il ministero si impegni per il ritorno in presenza, ma non basta dichiararlo”. 

Troppo poco è stato fatto: “Sulle vaccinazioni non tutte le Regioni hanno attivato i canali preferenziali per i 12-18 anni, sugli spazi poco è cambiato e c'è troppa confusione sulle misure per la sicurezza dentro le classi”. Non solo, per la Rete “manca qualsiasi ragionamento del governo sul futuro delle nuove generazioni: il Pnrr è stato scritto senza ascoltare i giovani e abbiamo timore per le modalità con le quali questi soldi saranno utilizzati”.

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Oltre a studenti e sindacati (leggi qui gli interventi di Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil, e Gianna Fracassi, segretaria confederale Cgil), le proteste arrivano anche dalla società civile. Cittadinanzattiva chiede di intervenire, appunto, sulle classi pollaio, ricordando che quasi 17.000 classi hanno più di 25 alunni. Occorre abrogare, si legge in una nota, “la disposizione contenuta nel Dpr 81 del 2009 che consente fino a 30 alunni per classe nelle scuole secondarie di I e II grado”. L'associazione chiede di “ritornare ovunque ai parametri stabiliti dalla normativa antincendio che fissano il numero massimo in 25 alunni (26 con l’insegnante) e a quelli del Dm del 18-12-1975 che prevede uno spazio “vitale” per alunno di 1,80 o 1,96 metri quadri a seconda del tipo di scuola. 

Una situazione che per Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva, va sanata “per ottemperare alle esigenze di sicurezza legate non solo all'emergenza sanitaria ma anche alle emergenze che si potrebbero creare per il rischio alluvione e sismico, che interessano il nostro territorio nazionale”. 

Gli istituti scolastici italiani sono ancora privi del certificato di agibilità per una percentuale pari al 53,8%, nel 38,6% del collaudo statico e nel 59% del certificato di Prevenzione Incendi, fondamentali in un Paese nel quale le scuole in zone ad elevata sismicità sono 17.343 pari al 43% del totale. Inoltre, nell'ultimo anno, a seguito della pandemia, in gran parte dei casi le scuole non hanno rivisto il Piano di emergenza né realizzato le prove di evacuazione”, continua Bizzarri.

Infine, un appello al ministro Bianchi e al governo perché nelle Linee guida che saranno varate nei prossimi giorni “sia eliminata l’indicazione di dismettere l’uso della mascherina nelle classi con tutti studenti vaccinati per non creare episodi di discriminazione verso quei ragazzi non vaccinati per decisione dei propri genitori”.