Secondo i manuali di economia la funzione del risparmio è duplice. Per le persone è cultura e attitudine alla previdenza e alla sobrietà, fattore di emancipazione individuale. Per le collettività diviene leva redistributiva delle risorse verso persone e imprese, attraverso il credito, prevalentemente bancario. Ma oggi qualcosa non sta funzionando, questo circuito si è inceppato e il sistema finanziario vive in un paradosso.

Da una parte, il mondo è inondato di denaro. Spinto dalle politiche espansive delle banche centrali (BCE e Federal Reserve), che continuano a comprare soldi a tassi zero o negativi. O perché i mercati borsistici avvolti dall’incertezza da Covid spaventano gli investitori, in particolare in Europa: il Dow Jones Euro Stoxx è sceso del 6,6% su base annua, il Cac40 (l’indice francese) del 12%, il Ftse100 (Londra) del 19%, il Ftse Mib (Milano) dell’11,3%. A settembre, in Italia, la capitalizzazione del mercato azionario era a 499 miliardi di euro, 95 miliardi in meno rispetto ad un anno prima. Così, crescenti masse di denaro sono uscite dagli investimenti e si stanno “parcheggiando” sui conti correnti: i depositi bancari nel nostro paese sono aumentati di oltre 125 miliardi di euro rispetto ad un anno prima (+8%), mentre le obbligazioni sono scese del 14,2%, le azioni del 13,4%, i fondi comuni dell’8,4%.

Dall’altra i prestiti calano. Il credito è al palo, come certifica Banca d'Italia. E non è questione di pandemia, che certo aggrava il quadro, e in parte lo confonde. Infatti, l’apparente crescita degli impieghi bancari che si registra in questi mesi è semplicemente dovuta al grande stock di crediti sospesi, le famose “moratorie”, che contribuiscono a tenere artificiosamente alto il portafoglio di crediti in essere delle banche italiane. Basti considerare che le circa 2,7 milioni di richieste di moratoria collegate alla pandemia rappresentano un valore di quasi 300 miliardi, non lontano da quanto il credito alle piccole imprese è sceso negli ultimi dieci anni.

Il denaro che pure giace sui conti correnti, sui depositi, che le banche centrali continuano a garantire alle economie non arriva dove dovrebbe. Il credito è strozzato dalle dinamiche del mercato bancario e della sua inefficace regolamentazione, della finanza e della sua mai arrestata autoreferenzialità: sempre più concentrata in poche mani, alla ricerca di rendimenti crescenti, lontana dall’economia reale.

Allora è il tempo di rilanciare la terza funzione del risparmio, meno nota e celebrata, forse perché più scomoda per i dogmi liberisti: la solidarietà e la forza mutualistica di quei tanti che, avendo poco e unendo le proprie risorse, possono fare molto. È la storia - secolare in Italia - della cooperazione bancaria, in parte delle casse di risparmio ormai scomparse, nonché di alcune forze sindacali autorganizzate.

Oggi questo testimone è raccolto dal movimento della finanza etica, (come spiegato in un precedente articolo) che ogni giorno con coerenza e rigore, declina l’attualità finanziaria sulla base di espliciti valori di interesse generale, in Italia e nel mondo. Se festa del risparmio deve essere, allora, che lo sia per riappropriarci del piccolo grande potere che abbiamo nelle tasche, sui conti correnti, negli smartphone: per quanto piccolo possa essere, in questi tempi difficili, il nostro risparmio - se unito e convogliato verso le forme più giuste di circuiti finanziari - può ancora fare la differenza, contribuendo a disegnare un mondo migliore.

Alessandro Messina è direttore generale di Banca Etica