Oggi, in un’importante giornata di festa e di lotta per i diritti delle persone LGBTQIA+, quella del Roma Pride che vedrà sfilare per le vie della Capitale la comunità unitamente a chi supporta dall’esterno quelle battaglie di civiltà, arrivano ancora segnali contraddittori da parte del governo italiano: per ore ha circolato la notizia, pare poi smentita da fonti vicine all’esecutivo, dell’espunzione dal testo della dichiarazione finale del G7 del riferimento ai diritti delle persone gay, lesbiche e transgender.

Il copione sembra essere lo stesso rispetto a quanto avvenuto sul tema dell’interruzione volontaria di gravidanza: prima la notizia dell’esclusione dal testo finale, poi la smentita. Ma dal testo definitivo sparisce qualunque riferimento a identità e espressione di genere e non ci si può non interrogare su questo oltre che sul significato delle volontarie o involontarie fughe di notizie.

Verrebbe maliziosamente da pensare, infatti, che forse quel che si desidera non è tanto arrivare a un risultato – quello appunto dell’espunzione – oggi non raggiungibile grazie al netto posizionamento di alcuni dei governi presenti, quanto quello di far passare l’idea che quella cancellazione, in fondo, sia un’ipotesi non del tutto da escludere per preparare così il terreno (chissà) a posizionamenti meno netti quando i capi di governo, dopo le imminenti elezioni in alcuni Paesi, potrebbero essere altri.

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Non si tratta di essere dietrologi, ma di interpretare i fatti alla luce di ciò che conosciamo: non è un mistero la partecipazione dei partiti di governo al famigerato Congresso delle famiglie e all’altrettanto famigerata “Agenda Europa”, così come non lo è l’accordo pre-elettorale con provita&famiglia.

Ed è cosa di poche settimane fa la mancata firma da parte del nostro governo della dichiarazione europea nella giornata mondiale per il contrasto all’omolesbobitransfobia, sempre motivato dalla presenza del riferimento all’identità di genere. D’altronde l’azione dei gruppi di estrema destra per “restaurare l’ordine naturale” prevede proprio passaggi di questo tipo.

E allora oggi è importante una partecipazione massiccia, gioiosa e al tempo stesso orgogliosa delle proprie rivendicazioni al Pride della Capitale, per rispondere con ancor più convinzione all’oziosa domanda: “Ma servono ancora i Pride?”. Beh, da quel che è dato di vedere e intuire, oggi più che mai.

Sandro Gallittu, responsabile dell’Ufficio Nuovi diritti della Cgil nazionale