“È chiaro che in Lombardia se un paziente ha i soldi vive, se uno non li ha, rischia la vita”. Non è una frase a effetto pronunciata con enfasi in qualche agone elettorale per richiamare l’attenzione del pubblico. No. È l’analisi lucida e impotente di una malata oncologica che ha denunciato la propria situazione alla Cgil di Bergamo. Ed è la storia della sanità lombarda, che non ha imparato niente dalla tragedia del Covid, dai camion militari che portavano via le bare, dal corto circuito che investì il territorio quando la mole dei contagi mise a nudo lo stato comatoso di una medicina territoriale e di un sistema pubblico che venne travolto dalla situazione. Oggi, a quattro anni di distanza da quel disastro annunciato, le cose sono sostanzialmente allo stesso punto. È un ground zero dal quale, con la gestione della Regione in mano alla Lega da tempo immemore, non si riesce a uscire.

La storia

La storia ce la racconta il sito della Cgil di Bergamo ed è “una delle numerose, gravissime storie che si verificano sul nostro territorio. È la vicenda di B.S., una lavoratrice bergamasca malata oncologica. La richiesta che l’oncologo le ha rivolto durante l’ultima visita, qualche settimana fa, è di sottoporsi a quattro esami diagnostici entro la data del prossimo consulto. Così, con largo anticipo, B.S. si è subito attivata per le prenotazioni (malgrado fosse compito della struttura che l’ha in cura prenotare le prestazioni successive alla prima visita). Sulle ricette che ha ricevuto dal medico specialista la classe di priorità indicata è la P, che significa esame “programmabile”, per prestazioni da erogare entro 120 giorni”.

“Ho cercato così di fissare una mammografia, un’ecografia mammaria, un Rx torace e un’ecografia dell’addome completo, esami per i quali fino all’anno scorso c’erano circa 6 mesi di attesa. Di questo ero consapevole”, ha raccontato B.S. negli uffici della Cgil il 5 marzo. “Al telefono però mi sono sentita rispondere che le prime date disponibili per tutti e quattro gli esami sarebbero a fine 2025. Dovrei, dunque, attendere quasi due anni”.

“Mi sono, allora, rivolta al sistema privato, riuscendo a fissare i quattro esami per dopodomani, giovedì 7 marzo. Pur essendo io esente totale da ticket, cioè pur avendo diritto a non pagare nulla alla luce della mia patologia, nel sistema privato mi troverò a sborsare in totale 422 euro”.

“È chiaro che in Lombardia se un paziente ha i soldi vive, se uno non li ha, rischia la vita”.

Cosa dice la legge?

La normativa regionale prevede che “nel caso la struttura a cui si rivolge il cittadino non avesse disponibilità a erogare la prestazione entro i tempi previsti dalla specifica priorità, il Responsabile Unico Aziendale per i tempi di attesa […] si attiva per individuare altre strutture in grado di offrire la prestazione entro i tempi indicati. Qualora sul territorio dell’Ats non fossero presenti le disponibilità richieste, la struttura scelta è tenuta a erogare la prestazione con oneri a proprio carico chiedendo al cittadino di riconoscere il solo valore relativo al ticket se non esente. Tale opzione non è prevista nel caso in cui il cittadino non dovesse accettare la prestazione offerta dal Responsabile Unico Aziendale presso altra struttura nei tempi previsti dalla classe di priorità”. Nero su bianco, sottolinea la Cgil di Bergamo, è scritto sulla Delibera della Giunta della Regione Lombardia n. 2672 del 16 dicembre 2019. Più complicato pensare che un cittadino con una grave malattia abbia tempo e modo di saperlo e rivendicare i propri diritti.

Per questo lo Spi Cgil di Bergamo ha approntato un modulo da distribuire ai cittadini danneggiati da liste d’attesa troppo lunghe, da indirizzare alle Aziende Socio Sanitarie Territoriali per rivendicare presso la Regione quanto la delibera prevede. per scaricare questo modulo potete cliccare QUI.

“Invitiamo i cittadini a rivendicare il proprio diritto alla salute e a farsi sentire, scrivendo alle Asst a cui si sono rivolti per fissare esami e visite, e, in protesta, a richiedere, secondo la normativa vigente, che venga garantita l’erogazione della prestazione indicata dalla propria ricetta entro i tempi della classe di priorità”, ha spiegato Carmen Carlessi della segreteria dello Spi Cgil di Bergamo. “Non si può obbligare la popolazione a rinunciare alle cure, non si può ledere un diritto universale”.

Sottoscrivete la petizione La Lombardia SiCura

Intanto, proprio per salvaguardare il diritto alla salute, è partita il 1° marzo anche a Bergamo (e nelle 44 sedi della Cgil sul territorio) la raccolta firme per la petizione “La Lombardia SiCura”, promossa dal comitato composto da Medicina Democratica, Osservatorio Salute, Cgil, Spi Cgil e Fp Cgil Lombardia, Federconsumatori, Arci e Acli Lombardia, nato dagli stessi soggetti promotori del Referendum per la Sanità Pubblica, per proseguire la battaglia referendaria abrogativa di alcuni commi della legge sanitaria regionale.

Da diversi anni associazioni, comitati locali e forze politiche in Lombardia si sono mobilitati con iniziative nelle piazze e nelle istituzioni per invertire la tendenza alla privatizzazione e alla disparità di accesso ai servizi della sanità lombarda. 

Per firmare è attiva anche una pagina su change.org. Potete cliccare QUI 

Per maggiori informazioni lombardiasicura.it  

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