Un appello urgente per salvare la giustizia minorile è stato lanciato da Antigone e dalle associazioni impegnate sul fronte delle carceri. “La giustizia minorile italiana sta vivendo una fase di regressione drammatica – si legge nel testo dell’appello – Un sistema un tempo all’avanguardia in Europa sta oggi rinnegando i suoi stessi principi fondativi, virando verso una logica esclusivamente punitiva e abbandonando il suo approccio educativo”.

Le associazioni Antigone, Defence for Children Italia e Libera intendono fermare la deriva repressiva e riaffermare il ruolo della giustizia minorile come spazio di accompagnamento, reinserimento e tutela.

Dal 2022 a oggi, il numero di giovani detenuti negli Istituti Penali per Minorenni (Ipm) è aumentato del 55%, passando da 392 a 611 presenze. Un'impennata dovuta in larga parte al cosiddetto Decreto Caivano che, entrato in vigore nel settembre 2023, ha ampliato la possibilità di custodia cautelare per i minorenni e ridotto l’utilizzo delle misure alternative al carcere. Numeri che sarebbero ben superiori se non fosse che molti giovani anche quando hanno compiuto il reato da minorenni, e che potevano permanere in Ipm fino ai 25 anni, sono invece stati trasferiti in carceri per adulti al compimento della maggiore età, pratica che il Decreto Caivano ha grandemente facilitato in chiave punitiva nel totale disinteresse per il percorso educativo del giovane. Tutto questo, nonostante nel 2023 le segnalazioni a carico di minorenni siano diminuite del 4,15%.

I dati ci parlano dei giovani detenuti

Vediamo allora i numeri pubblicati dal rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione, “Senza respiro”, secondo i quali sono 611 (di cui 26 ragazze) alla fine del marzo 2025 i giovani detenuti nelle carceri minorili italiane. E ben 9 Istituti Penali per Minorenni sui 17 presenti sul territorio nazionale soffrono di sovraffollamento.

Secondo gli ultimi dati presentati dal ministero dell’Interno nel maggio 2024 e relativi all’anno precedente, le segnalazioni a carico di minorenni nel 2023 sono diminuite del 4,15% rispetto al 2022. Al loro interno, il governo indica con preoccupazione l’aumento di alcuni reati violenti che giustificherebbe la stretta repressiva.

A ben guardare, tuttavia, vengono indicati dati che non sembrano segnare un inequivocabile allarme ma che potrebbero essere frutto di una normale oscillazione che nei fenomeni sociali sempre si riscontra inevitabilmente. Tanto è che è stato lo stesso ministero, nel presentare i dati, a sostenere che “il fenomeno appare sostanzialmente stabile o in lieve diminuzione”.

I giovani stranieri (per quasi l’80% provenienti dal Nord Africa, quasi sempre minori stranieri non accompagnati) costituiscono il 49,9% del totale delle presenze. I minorenni detenuti sono il 62,1%. Gli altri sono giovani adulti sotto i 25 anni che hanno compiuto il reato da minorenni. Il 65% dei ragazzi in carcere sono in custodia cautelare, una percentuale che sale all’81,4% se consideriamo i soli detenuti minorenni.

Per quanto riguarda i reati riguardanti la normativa sugli stupefacenti, essi costituiscono il 9,5% dei reati ascritti ai ragazzi in Istituti per minori (il 5,9% se guardiamo solo ai ragazzi stranieri) e l’8,8% dei reati ascritti al totale dei ragazzi in carico (il 5,9% se guardiamo ai soli stranieri).

Stato delle carceri

Alla fine del 2022 le presenze negli Ipm erano 381 e alla fine del 2024 raggiungevano le 587 unità, con una crescita del 54% in due anni. Crescita che, come già detto, sarebbe ancora maggiore se non fosse per la facilitazione introdotta dal Decreto Caivano a trasferire in chiave punitiva gli ultra-diciottenni del circuito minorile a carceri per adulti, con la conseguenza di interrompere bruscamente il percorso educativo del ragazzo e di affaticarne enormemente il recupero. Tali trasferimenti sono stati 189 nel corso del 2024, l’80% in più rispetto ai 105 del 2022.

Gli ingressi negli Ipm mostrano la diminuzione dell’uso del carcere minorile dovuta alla pandemia da Covid-19 e la successiva espansione provocata dalle nuove norme governative. Inoltre, dopo il decreto Caivano, i giovani arrestati e detenuti nei Centri di prima accoglienza nella stragrande maggioranza (il 94,5% nel 2024), dopo il trattenimento fino a un massimo di quattro giorni si vedono applicati una misura cautelare.

Uno sguardo alle comunità, snodo essenziale del sistema della giustizia penale minorile italiana, ci dice che al 31 marzo erano 1.146 i giovani ospiti, di cui solo 23 nelle tre strutture pubbliche gestite direttamente dal ministero della Giustizia. Carenti i servizi pubblici e insufficiente il sostegno dato alle comunità convenzionate.

“Le carceri minorili si stanno trasformando in luoghi di abbandono. La risposta dello Stato è la punizione, la repressione, l’isolamento – affermano i promotori dell'appello – ma così si viola la Costituzione, si tradiscono gli impegni internazionali e si spezzano vite in crescita”.

In linea con i principi e le norme della Convenzione Onu sui diritti dell'Infanzia e dell'adolescenza, tenendo presente le linee guida del Consiglio d'Europa per una giustizia a misura di minorenne, alla luce della Direttiva UE 2016/800 sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali, nell'appello sono state avanzate diverse richieste.

Cosa chiedono le associazioni?

Tra le principali richieste ci sono l'abolizione del Decreto Caivano; l'assunzione di educatori e assistenti sociali adeguatamente formati; la realizzazione di una valutazione individuale per ogni minorenne che entra in Ipm e di un piano educativo integrato; la presenza costante di competenze e risorse per la mediazione culturale; la chiusura immediata della sezione Ipm nel carcere per adulti di Bologna; l'abolizione della sanzione disciplinare dell’isolamento penitenziario; il raccordo degli Ipm con le scuole e i servizi del territorio anche prevedendo la frequentazione di scuole esterne da parte dei ragazzi e il monitoraggio della salute psico fisica e adeguata presa in carico per garantire sempre il superiore interesse dei minori. 

“È tempo di tornare a una giustizia che accompagna, non che punisce. Una giustizia che crede nei ragazzi, nelle loro possibilità, nel loro futuro”, concludono i promotori dell'appello.