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Il 10 luglio del 1930 Camilla Ravera viene arrestata dalla polizia fascista. Mussolini ordina il suo primo arresto nel novembre 1922, ma Camilla riesce a sfuggire alla cattura per quasi otto anni.
Arrestata condividerà, in luoghi e tempi diversi, il suo destino con illustri compagni e compagne, destinati alla medesima sorte: Terracini, Spinelli, Rosselli, Amendola, Gramsci, Silone, Grieco, Spano, Togliatti, Felicita Ferrero, Teresa Noce, Sandro Pertini.
Sarà proprio lui, nel 1982, a nominarla - prima donna nella storia del nostro Paese - senatrice a vita.
Il percorso politico di Camilla Ravera ha radici biografiche e familiari profonde.
In molte interviste e racconti autobiografici lei stessa individuerà il suo battesimo politico in un episodio dell’infanzia, quando - a soli otto anni - si trova di fronte a un enorme corteo di donne guidato da un uomo che teneva in mano una grande bandiera rossa.
Ma è l’incontro con Antonio Gramsci a cambiare per sempre la sua vita.
“Io e Gramsci - ricorderà anni dopo - chiacchierammo un po’ e, verso la fine della conversazione - durante la quale mi si era rivolto dandomi del lei - mi disse che voleva che partecipassi al lavoro di redazione. Io, timida com’ero, tentai con banali giustificazioni di non accettare. Famiglia, scuola ed inesperienza furono le mie scusanti, ma Gramsci prima ascoltò con pazienza i miei farfugliamenti e poi disse: «Le chiedo formalmente di entrare a far parte della redazione dell’Ordine Nuovo»”.
E dalle colonne de la Tribuna delle donne prima de La compagna poi Camilla Ravera condurrà innumerevoli battaglie cercando di dare voce diretta alle istanze femminili.
Già nel 1920 si batterà per il riconoscimento sociale della maternità (“In primo luogo - scriveva in uno dei suoi testi - si tratta di riconoscere alla donna, come all’uomo, il diritto al lavoro produttivo retribuito, e il fatto che la donna madre non deve perdere il diritto all’indipendenza economica. Spetta alla società di conciliare le due esigenze, del resto non inconciliabili, poiché l’allattamento, l’allevamento del bambino, oltre ad essere il soddisfacimento del naturale istinto materno, è pure opera produttiva, e utilissima, per la famiglia umana. Non è un’iniquità sociale questa che sull’operaia sposa e madre gravi un così enorme peso di estenuazione? Ma creare, allattare, allevare i figli è opera difficile, delicata, importantissima: da sola riempie la giornata di una donna, assorbe le sue energie; ed è opera produttiva per la collettività. Bisogna che sia riconosciuta come tale dalla società, l’opera della madre”), per l’aborto, la parità salariale.
Nel 1947 con Ada Gobetti del Partito d’Azione è tra le fondatrici dell’Unione donne italiane. Nel 1948 viene eletta deputata per il Pci, del quale era stata tra le fondatrici nel 1921 (unica donna che durante il periodo della formazione del gruppo dirigente del Partito comunista assunse la statura di dirigente politico nazionale entrando nel 1923 nel Comitato centrale e nel 1926 nell’Ufficio politico) e dal quale era stata precedentemente espulsa.
È successo nel 1939 - raccontava Miriam Mafai - quando a Ventotene arriva la notizia del patto russo-tedesco. I confinati comunisti sono la stragrande maggioranza. Tra gli altri c' è anche il socialista Pertini e un piccolo gruppo di anarchici. Ma i comunisti fanno abbastanza gruppo a sé. Discutono molto. E sul patto russo-tedesco, sul carattere della guerra che sta divampando in Europa, e sulle prospettive che si aprono per la loro azione nei vari paesi coinvolti nel conflitto, i comunisti si dividono. Terracini e la Ravera sostengono che il patto russo-tedesco è un errore inaccettabile, che di fronte allo scatenarsi del nazismo i comunisti non possono che schierarsi al fianco delle democrazie cosiddette borghesi. Non è l' opinione della maggioranza dei confinati (e non è nemmeno, in questo momento, l' opinione dell' Internazionale). Si discute per settimane. Terracini e la Ravera non si convincono, ma rifiutano la regola dell' obbedienza. Quindi vengono espulsi. I due non si rassegnano. Compilano, su carta da sigarette, minuziosi rapporti e controrapporti che tentano di far pervenire al centro del partito. Il direttivo della cellula comunista di Ventotene applica ai due oppositori una secca sigla per ciascuno: A per Terracini, Z per lei, come dire che quelle lettere aprono e chiudono l' intero arco dell' eresia. Furono tre anni molto difficili confidava alcuni anni fa Camilla Ravera a Nora Villa, sua attenta biografa. Io però sapevo di essere nel giusto, sapevo di seguire idealmente il discorso di Gramsci, sapevo che il primo obiettivo doveva essere quello di recuperare le libertà distrutte dal fascismo. Per questo era indispensabile una politica di larga unità, la più larga possibile. C' era dunque, nella vita di Camilla Ravera, che era stata uno dei fondatori del partito a Livorno e uno dei suoi segretari, un buco nero di alcuni anni. Dal l939 al l945 era rimasta fuori del partito, colpita da un provvedimento disciplinare. Sono anni di solitudine estrema, sopportati con grande dignità, tanto più dolorosi in quanto sono gli stessi anni in cui, dopo la caduta del fascismo, si organizza in Italia la Resistenza, l' attività clandestina e armata. Il provvedimento nei suoi confronti verrà ritirato soltanto dopo la Liberazione quando, nel maggio del l945, Togliatti arriva a Torino. E' in federazione, attorniato dai compagni quando, con aria sorniona, chiede: E dov' è la Ravera?. Qualcuno risponde imbarazzato che la Ravera non c' è, non può esserci perché non è più nel partito. E Togliatti: Ma non scherziamo... Chiamatemi la Ravera e non si parli più di quella sciocchezza. Il nostro incontro fu commovente, ricordava la Ravera, ci abbracciammo in silenzio. Non ci vedevamo da più di tredici anni. Poi mi chiese di trasferirmi a Roma dove c' era molto da fare. Così Camilla Ravera venne, silenziosamente, riabilitata senza clamore né dibattito. (E così, senza clamore né dibattito venne anche riabilitato Terracini cui verrà affidata poi la carica di presidente della Costituente).
“Io e Umberto - ricorderà anni dopo lei stessa - sostenevamo che, se il principio del socialismo era universale, ogni Paese aveva il diritto di costruirlo sulle proprie esigenze e specificità e che un passaggio di società come quello che c’era stato in Russia non era obbligato anche da noi; mentre altri compagni, come Secchia e Scoccimarro, consideravano errato il solo fatto di pensare che la via seguita in Urss potesse non essere universale come se tutto fosse già stabilito e preparato. Mi hanno sempre fatto paura le idee settarie e chiuse: forse perché sia io che Terracini ci eravamo formati nel gruppo di Gramsci dove c’era una grande capacità di critica e di discussione. Così ci cacciarono via del Partito. Sì, fu per me un momento molto amaro”.
Reinserita pienamente nell'attività politica Camilla farà parte del Comitato centrale del Pci e verrà eletta prima alla Costituente e poi al Parlamento nel l948, nel l953 e nel l958.
Nel 1982 sarà nominata - prima donna nella storia - senatrice a vita.
La sua nomina, scriveva in un commosso messaggio la presidente della Camera Nilde Iotti, “premia una lunga e straordinaria milizia al servizio della libertà, della democrazia, del socialismo. Grazie anche a te, carissima Camilla, è stata mantenuta viva l’idea della libertà nel periodo più buio della travagliata storia italiana; la democrazia si è arricchita di grandi contenuti innovatori; il movimento emancipatore delle donne ha avuto slancio e conseguito grandi successi. Voglio quindi esprimerti la commossa soddisfazione mia personale e di tutta la Camera dei deputati per una nomina che onora altamente il Parlamento”