Se c’è qualcuno che nella storia della musica italiana ha rappresentato il genere folk, coniugandolo come nessun altro al tema dei diritti civili, questo qualcuno è senza dubbio Giovanna Marini, che ha terminato il suo incredibile viaggio fatto di parole e note all’età di 87 anni.

Una vita densa, caratterizzata da un insolubile rapporto con la musica sin dalla nascita, drammaticamente segnata da un padre scomparso subito ma che, come la mamma, ha fatto in tempo a trasmettere alla propria figlia la passione verso la magia del suono e del canto, accompagnati con la sua inseparabile chitarra per raccontare l’esistenza e la sofferenza dei più deboli.

Fondatrice della Scuola Popolare di Musica di Testaccio, ispiratrice di numerosissime iniziative che hanno sempre avuto come obiettivo il “canto degli ultimi”, tra i tanti il disco che le ha consentito di raggiungere il grande pubblico è Il fischio a vapore, progettato, scritto e interpretato insieme all’altro simbolo folk-singer italiano, Francesco De Gregori. Un album che raccoglie brani dedicati alla storia e la poesia del nostro Novecento, dall’attentato a Palmiro Togliatti alla vicenda di Sacco e Vanzetti, dai treni di Reggio Calabria al “lamento” per la morte di Pier Paolo Pasolini, tra i primi intellettuali conosciuti nella sua Roma, un incontro che la stessa Marini raccontò attraverso una registrazione dal vivo rimasta celebre.

Tra le molteplici collaborazioni nel corso di una lunga carriera musicale risuona ancora la sua seconda voce nelle più famose canzoni di Paolo Pietrangeli, Contessa e Valle Giulia, negli anni in cui più intensa è stata l’attività con altri cantori affini, tra i quali Ivan Della Mea, Michele Straniero, Caterina Bueno, oltre a una continua ricerca di sonorità popolari uniche, quasi ancestrali, basti pensare alle composizioni create con la “cantane contadina” Giovanna Daffini, o alla tradizione sarda dei Pastori di Orgosolo.

Lo stile di Giovanna Marini prende forma dai suoi iniziali studi di chitarra classica perfezionati sino al diploma presso l’Accademia di Santa Cecilia, e in virtù dell’esperienza vissuta accanto a un virtuoso d’eccezione come Andres Segovia. Un percorso che l’ha condotta verso un utilizzo sapiente del contrappunto, strumento ritmico adeguato nel tempo ai contenuti dei testi dedicati al canto popolare, in particolare al suo valore politico, dando origine a quel “Nuovo Canzoniere italiano” presentato in memorabili tour che hanno raggiunto ogni angolo della Penisola.

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Questa ricerca specifica nel mondo di suoni e linguaggi l’ha condotta all’incontro con discipline e culture diverse ma non distanti, come dimostra la proficua sinergia con l’Istituto Ernesto De Martino, per il quale catalogò da etnomusicologa tutti i canti popolari da lei scoperti, arrivando a costruire uno specifico sistema di notazione musicale: una vera opera di trascrizione della memoria, che le permise di realizzare concerti mai proposti prima, contribuendo alla diffusione di una storia orale unica nel suo genere, che la portò a interagire con uomini di cultura e di lettere, su tutti Alessandro Portelli, senza dimenticare la prossimità artistica con autori quali Italo Calvino, Dario Fo, lo stesso Pasolini e, per giungere a noi, con le più recenti realizzazioni teatrali di Marco Paolini e Ascanio Celestini.

Attiva sino agli ultimi giorni, come testimonia la sua partecipazione alla Festa della Liberazione dello scorso 25 aprile dirigendo il coro della Scuola Comunale di Musica di Monte Porzio Catone, dove da tempo aveva deciso di vivere, in una recente intervista per un documentario Rai dal titolo “Giovanna, storie di una voce”, Giovanna Marini descrive il significato più profondo di tutto il suo immenso lavoro: “Cercando i suoni, ho incontrato le persone”.

Nel video: Giovanna Marini canta “Bella ciao” davanti alla sede nazionale della Cgil, il 27 agosto del 2007, in occasione della cerimonia funebre laica per Bruno Trentin.