Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo un brano da Contro Amazon di Jorge Carrión, edizioni E/O 2020.

“Ogni volta che viene chiuso un bar si perdono per sempre cento canzoni”: iniziava così il noto video della campagna “Benedetti bar”, lanciata da Coca-Cola Spagna nel 2014. Il video faceva leva sulle emozioni che ci legano a certi locali ed era concepito per diventare virale. Quell’anno, per la prima volta durante la crisi economica, vennero aperti più bar di quanti ne chiudessero. Perché non c’è mai stata un’iniziativa analoga da parte di Planeta, RBA o Penguin Random House? Perché l’industria del libro non ha mai puntato sulla difesa delle librerie come templi emozionali dei lettori?

Amazon Spagna – che in ottobre ha cominciato a vendere generi alimentari – continua a non fornire le cifre delle sue vendite. In queste, suppongo vi sia una delle ragioni per cui non c’è mai stata la campagna “Benedette librerie”. Altre si possono trovare in Superventas (titolo originale Blockbusters) di Anita Elberse, che dimostra con dati statistici che nell’era di Internet continua a essere più redditizio per la grande produzione di contenuti puntare su pochi prodotti mainstream che su molti di nicchia. In altre parole, conviene di più investire un milione di euro su un unico romanzo di Carlos Ruiz Zafón che farlo su cinquecento romanzi di altrettanti autori.

La docente di Harvard analizza casi diversi come quello di Lady Gaga o quello del Real Madrid, il cui modello galattico si ispira a quello della Disney. Sostiene che, nella prospettiva di un mercato globale, i tifosi che vanno al Santiago Bernabéu sono fondamentali come figuranti, perché senza di loro i contenuti che il club produce perderebbero molto interesse e redditività. Io direi che qualcosa di simile accade con la maggior parte dei titoli delle grandi case editrici: non ci guadagneranno granché, però si assicurano così una continua visibilità nelle librerie, sulle piattaforme online e sui mezzi di comunicazione. Per la Coca-Cola ogni bottiglia o lattina ha lo stesso valore. Per i grandi editori ci sono due categorie di libri: le comparse, che sono una moltitudine, e un selezionato gruppo di attori e attrici protagonisti.

Dei quarantasei prodotti che vengono annunciati sulla pagina principale di Amazon, soltanto sei sono libri. Certo, sono i primi e i più visibili. Paradossalmente, in un’epoca nella quale si presume che le librerie non ispirino un consumo di massa, il supermercato virtuale più potente del mondo si appropria del prestigio librario. Non solo: apre una libreria fisica e questo gesto diventa immediatamente una notizia globale, che ci fa dimenticare che vende anche frullatori, televisori o cibo congelato; o che IBS, Internet Bookshop Italia, da circa vent’anni sul mercato online, nel 2012 si è trasformata in una catena di librerie, con sedi in tutto il paese, alcune persino spettacolari come quella di via Nazionale a Roma.

I mezzi di comunicazione pubblicizzano instancabilmente l’espansione di Amazon mentre insistono sull’estinzione delle librerie. Ma i vecchi librai non muoiono mai. Sono innumerevoli quelli che prendono il testimone dai precedenti. Occorre rivendicare questa figura, rimasta nell’ombra, mentre quelle dell’autore, dell’editore e dell’agente diventavano totalmente visibili – addirittura celebri.

Nella memoria dei librai si conserva un patrimonio che quasi mai si può scoprire sulle pareti delle loro librerie o sui siti web. Siamo abituati al fatto che i ristoranti rivendichino con foto il passaggio dei clienti più illustri, ma perché non lo fanno anche le librerie più emblematiche? Casa Amèrica Catalunya e Xavi Ayén hanno recentemente creato a Barcellona due itinerari della letteratura latinoamericana del Boom che comprendono tra i punti di interesse sia le sedi editoriali e i domicili privati dei protagonisti sia i ristoranti e le librerie che frequentavano. Non bisogna sottovalutare questo patrimonio immateriale che tempo addietro era materia viva. Né il potenziale economico del turismo culturale. Sono molti i lettori che, nella stessa città, vorrebbero sapere dove comprava i libri Roberto Bolaño o continuano a farlo Cristina Peri Rossi, Enrique Vila-Matas o Jorge Herralde.

Le catene di librerie non potranno mai competere con Amazon. Negli Stati Uniti si sta dimostrando che solo le librerie indipendenti, ancorate a un quartiere, possono far fronte a questa concorrenza. Come centri emozionali, come centri culturali, come centri di distribuzione di libri per tutti coloro che continuano a preferire acquistarli di persona. I libri per l’infanzia, quelli con la copertina rigida di non fiction o di arte sono alcuni di quelli che preferiamo continuare ad acquistare fisicamente. La carta da regalo, la dedica o il caffè fanno parte del rituale e dell’artigianato che continuiamo ad associare alla cultura libraria.

In parallelo alla sopravvivenza di queste piccole librerie d’autore, sul lato opposto avverrà a un certo punto la convergenza tra i Big Data e le narrative transmediali. I nostri profili di consumatori si nutrono di tutte le informazioni che continuiamo a regalare, mentre l’industria del videogioco e quella della realtà virtuale si fondono tra loro. Alimentata dalle informazioni su tutti i libri della nostra vita, ingrassato dai nostri commenti e i like sulla rete, la tecnologia costruirà il miraggio della nostra libreria ideale, tra i cui scaffali si aggirerà incantato il nostro avatar amante della lettura. Una libreria personalizzata in cui tutti e ciascuno dei suoi titoli, che potremo toccare e sfogliare grazie alla realtà virtuale, avrà una virtù che nessuna libreria reale può ostentare: tutti ti interesseranno.

Non è azzardato immaginare che questo futuro sarà quello di Amazon, perché in fin dei conti è la multinazionale nella miglior posizione economica e concettuale per farlo. Ma Borges ci aveva già avvertiti che se avessi in testa la memoria di Shakespeare prima o poi la aborriresti. Se nella tua libreria ideale avessi accesso ai social network, ogni utente, per interagire, dovrebbe abbandonare il suo spazio esclusivo ed entrare in uno comune. In una libreria configurata per terabyte anziché libri di carta. Ma ci stancheremmo anche di questa e sentiremmo il bisogno di alternarla con spazi fisici, orizzonti stabili, volumi in tre dimensioni: quelli che ci offrono le nostre benedette librerie.