Il 22 marzo è la Giornata mondiale dell’acqua, il tema di quest’anno: accelerare il cambiamento per risolvere la crisi idrica e igienico-sanitaria. Come mette in evidenza il sito del World Water Day 2023, siamo molto lontani dal raggiungere l’Obiettivo di Sviluppo sostenibile n. 6, di garantire acqua e servizi igienico-sanitari per tutti entro il 2030. Miliardi di persone, scuole, aziende, centri sanitari, fattorie e fabbriche non hanno l’acqua potabile e i servizi igienici di cui hanno bisogno.

Si passi ai fatti

Per accelerare il cambiamento, abbiamo bisogno di più azione. La sintesi del VI Rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici pubblicato il 20 marzo afferma con chiarezza che “L’insicurezza alimentare e idrica legata al clima è destinata ad aumentare con l’aumento del riscaldamento”. In Italia stiamo misurando gli effetti pesantissimi di una crisi idrica che è destinata a peggiorare progressivamente nei prossimi anni.

Agire significa mettere in campo, con la dovuta urgenza, tutte le misure possibili sul versante della mitigazione e dell’adattamento, ma questo non sta succedendo né a livello globale né in Italia.

Inerzia pericolosa

Il governo italiano è latitante e reazionario su questi temi. Non fa politiche di mitigazione, osteggia i provvedimenti europei volti ad accelerare la decarbonizzazione dell’economia, è in ritardo nella revisione del Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima) e per il decreto attuativo sulle comunità energetiche. L’adattamento è solo un piano nazionale vuoto di misure concrete, senza risorse dedicate, con tempi lunghissimi di realizzazione e nessuna visione strategica.         

La crisi idrica è percepita dall’esecutivo come l’ennesima emergenza, scollegata dalla crisi climatica e sociale, dal modello di gestione privatistica del servizio idrico integrato e dalle necessarie scelte di politica industriale, finanziarie e di ricerca e innovazione per la giusta transizione verso lo sviluppo sostenibile. È con questa logica emergenziale che il governo sta lavorando a un decreto con le misure per contrastare gli effetti della siccità utilizzando 7,8 miliardi di risorse già stanziate dal Pnrr e altri fondi europei e nazionali, puntando a sbloccare i fondi con semplificazioni e deroghe, una cabina di regia interministeriale che dovrà definire un piano acqua straordinario e un commissario con poteri esecutivi.

Una visione più ampia

Quello che è urgentemente necessario è, invece, una visione sistemica della transizione ecologica e dello sviluppo sostenibile, la volontà politica di orientare le scelte di politica industriale, fiscale, della ricerca e dell’occupazione verso la transizione ecologica e la decarbonizzazione, la coerenza fra l’utilizzo dei fondi europei, le risorse ordinarie, le azioni e il rispetto degli SDGs e dell’Accordo di Parigi.

La siccità non va affrontata come questione emergenziale, ma con politiche strategiche e infrastrutturali, puntando al recupero delle acque reflue e piovane, all’uso efficiente della risorsa e alla riduzione delle perdite idriche delle reti, con la ripubblicizzazione attraverso un investimento pubblico che sostenga gli enti locali in questo processo ma soprattutto inserendo la questione all’interno dall’azione per la transizione ecologica, affrontandola in tutta la sua complessità con politiche integrate e interconnesse guidate da percorsi di partecipazione democratica, coinvolgimento delle comunità e contrattazione e confronto con le parti sociali.

Simona Fabiani è responsabile Politiche per clima, territorio, ambiente, trasformazione green e giusta transizione della Cgil