A due mesi dal voto, l'Italia è ancora lontana dall'avere un governo nel pieno delle sue funzioni. E tra le questioni relative a Iva, Flat tax e tax expenditures, questa incertezza rischia di subire pesanti ripercussioni sull'economia italiana e sul suo fisco. “A fronte dell'ottimismo sulle condizioni del nostro paese, tutti gli indici economici parlano infatti di una ripresa lenta e soprattutto diseguale. Per questo la riforma fiscale assume un'importanza decisiva. In campagna elettorale si sono sentite le proposte più diverse, mentre oggi tutto tace. Anche perché quello proposte non avevano nessun fondamento e nessuna credibilità”. Lo ha detto il professor Roberto Romano, docente dell'Università di Bergamo, ai microfoni di RadioArticolo1.

Non era solo un problema di onerosità - ha continuato Romano - quelle erano proposte addirittura fuori dal contesto costituzionale e ignoranti della natura stessa del sistema fiscale italiano. La nostra struttura fiscale è infatti molto particolare, sensibile all'andamento degli scaglioni e delle aliquote, ma  sopratutto molto sensibile ai presupposti d'imposta. Il tema della redistribuzione di reddito e ricchezza ovviamente resta. Ma bisogna prima valutare alcuni aspetti. Di solito s'immagina la ridistribuzione esclusivamente attraverso un nuovo disegno delle aliquote fiscali che fanno capo all'Irpef. Invece bisogna considerare che c'è una distribuzione che interviene nel mercato, prima delle imposte, e una distribuzione del carico tributario, quando il carico è stato già maturato. Sulla prima questione c'è un problema di norme e regole che hanno delegittimato il ruolo del sindacato, sulla seconda bisogna sottolineare che l'irpef è composta all'85% dal lavoro dipendente. Aumentare o ridurre la progressività per un solo reddito, quindi, non porterebbe dunque a mutamenti sostanziali”.

Secondo il docente, dunque, “se non ridisegniamo i presupposti d'imposta dell'Irpef, cioè se non allarghiamo la base imponibile”, modificare o meno gli scaglioni “non servirebbe a molto per ridistribuire il reddito, perché intercetteremmo una sola categoria di reddito. Quindi la vera riforma fiscale non può essere attuata semplicemente abbassando le tasse sul reddito da lavoro, ma bisogna allargare la base imponibile, reintroducendo quei redditi che oggi sono sottoposti a cedolare secca.”

Tra l'altro, l'Irpef è oggi l'unica imposta progressiva, ha continuato Romano, “mentre tutte le altre imposte sono ridotte a cedolare secca e non hanno nessuna progressività”. “Nel fisco, nei  diritti, e nell'economia italiana - ha concluso - esistono dei problemi di sistema mai affrontati dagli ultimi governi. L'Italia ha una struttura produttiva che lavora a margine, giocando sulla differenza tra costi e guadagni, ma che non occupa quote di mercato emergenti come fanno altri paesi. Col passare del tempo, quindi, l'Italia non produce valore aggiunto. Di conseguenza i salari si abbassano. Su questo la Cgil ha fatto un'ottima operazione con il Piano del lavoro, che è un piano integrale che cerca risposte all'intero problema. La questione del salario è infatti un problema drammatico, ma dipende dal sistema economico nel quale è inserito. Sono due facce della stessa medaglia che vanno governate insieme. Negli ultimi 15 anni, chi ci ha guidato non lo ha nemmeno immaginato. Ma non si può pensare che un fisco che lavora esso stesso a margine possa risolvere tutti i problemi”.