Più che una crisi, è diventato un autentico tsunami: - 47% di operai, - 49% di ore lavorate, - 43% di massa salariale, - 40% di imprese, dal 2008 ad oggi. Mai così male neanche per quanto riguarda i dati delle Casse edili: solo negli ultimi dodici mesi, -9% di ore lavorate, -10 di operai, -9 di imprese e massa salari. È l’attuale profilo dell’edilizia italiana, dove nell’arco di sei anni si è assistito al crollo dell’occupazione e alla scomparsa di migliaia di imprese. E i segnali di un possibile cambiamento di un settore, per eccellenza considerato ‘anticrisi’, continuano ad essere solo un miraggio. Così come lo ‘Sblocca Italia’, il decreto approvato dal Governo il 29 agosto per far ripartire le principali opere pubbliche, dall’Alta velocità alle autostrade, alla banda larga, potrebbe riuscire ad invertire il trend, ma occorre fare presto e passare dalle parole ai fatti. E c’è un solo modo per farlo: rendere immediatamente disponibili le risorse previste dal provvedimento dell’esecutivo, per far ripartire i lavori fermi e aprire i cantieri delle migliaia di piccole opere ancora bloccate dai vincoli del Patto di stabilità.

È l’appello che hanno lanciato i sindacati delle costruzioni al Governo Renzi in occasione dell’assemblea nazionale dei quadri e dei delegati di Fillea, Filca e Feneal, che si è tenuta oggi, 11 settembre, a Roma. Nel corso dell’iniziativa, gli edili di Cgil, Cisl e Uil hanno presentato i dati congiunturali dell’edilizia, riferendo poi sullo stato di salute degli altri comparti delle costruzioni, ovvero cemento, legno e arredo, laterizi, lapidei. Il tracollo è generalizzato pressoché ovunque, caratterizzato da cali di produzione, con punte nel 2013 del 12% nel cemento (dove le aspettative permangono negative anche per quest’anno) e del 15 nei laterizi (qui si prospetta un ulteriore calo produttivo del 5,6%), e da una forte e costante diminuzione degli occupati (6.800 in meno nel legno-arredo nell’ultimo anno), mentre aumenta in maniera uniforme il peso dell’export in tutti i comparti. Unica eccezione parzialmente positiva di un quadro negativo, i lapidei, dove il recupero dei livelli pre-crisi è già avvenuto, anche se la crescita riguarda soprattutto l’estrazione dei blocchi, mentre la fase di lavorazione è in continuo ridimensionamento a causa della concorrenza internazionale. Per tale motivo, in quel segmento, ad un innalzamento della produzione nazionale non si accompagna un altrettanto evidente sviluppo economico e occupazionale dei vari distretti produttivi, che, al contrario, risultano in calo anche nel 2014.

Dunque, elemento particolarmente critico nell’attuale contesto resta l’occupazione. La ripresa non interessa, per ora, il lavoro – denunciano i sindacati – e i saldi occupazionali sono tutti negativi, seppure si riducono in termini di valore assoluto. A ciò si accompagna un processo di precarizzazione del lavoro (crescita di lavoratori indipendenti e collaboratori) con indizi crescenti di condizioni di irregolarità (l’aumento delle partite Iva è il fenomeno più significativo), confermate da alcuni indicatori – dati Istat e Casse edili – che segnalano un progressivo aumento del lavoro irregolare. Inoltre, Fillea, Filca e Feneal hanno fatto un raffronto tra le esigenze occupazionali delle imprese (sulle cifre di Unioncamere), caratterizzate dalla richiesta molto diffusa di operai specializzati nelle costruzioni e i dati delle Cnce, che registrano viceversa un generalizzato basso profilo di inquadramento della manodopera. “Ciò rende evidente – hanno sottolineato le tre sigle di Cgil, Cisl e Uil – un processo di ‘demansionamento’, che tende a non riconoscere ai lavoratori del settore il profilo professionale e le competenze in vario modo acquisite e ormai diffusamente impiegate nel processo edilizio”.

Nel corso dell’assemblea, ha fatto seguito un’analisi dello ‘Sblocca Italia’, giudicato ‘a luci e ombre’ dai sindacati. “Il decreto – dicono – contiene alcuni aspetti positivi, come la priorità agli interventi sulle linee ferroviarie e sulle reti delle grandi aree urbane, la rottamazione e permuta di immobili a bassa prestazione energetica, finalizzata alla riqualificazione di interi stabili, interventi urgenti di sistemazione idraulica dei corsi d’acqua, agevolazioni come il bonus fiscale del 20% per chi acquista dal costruttore un’abitazione nuova o ristrutturata, a condizione che venga destinata per otto anni all’affitto con canone concordato, o l’abbassamento del credito d’imposta da 200 a 50 milioni, che potrebbe consentire la partecipazione dei privati anche su opere di media dimensione. “Insomma – secondo Fillea, Filca e Feneal –, vi sono alcune virtù, accompagnate però da dubbi: “Ad esempio, avviare i lavori di ristrutturazione con una semplice comunicazione, anzichè con un’autorizzazione, siamo sicuri che non si trasformi in un via libera all’irregolarità del lavoro?”

E i vizi del provvedimento dell’esecutivo permangono numerosi. Come le poche risorse a disposizione, sempre le solite, annunciate negli anni scorsi e mai rese disponibili. “La montagna ha partorito il topolino – denunciano i sindacati –, visto che entro il 2015 saranno effettivamente spesi solo 296 milioni dei 3,89 miliardi di nuove risorse destinate all’apertura dei cantieri. La cifra arriva a 455 milioni se si considera anche il 2016, invece sono stati rinviati agli anni successivi 3,5 miliardi, di cui 1,4 disponibili a partire dal 2017”. Così come non c’è traccia dell’allentamento del Patto di stabilità, che avrebbe un effetto immediato di sollievo sulle economie locali, sbloccando migliaia di piccole opere. “Mancano poi progetti organici di riqualificazione urbana – aggiungono le tre sigle –, ed è saltato il regolamento edilizio unico, che avrebbe permesso di superare l’attuale ‘spezzatino’ comunale e consentito di accorpare le norme tecniche edilizie con quelle igienico-sanitarie. Né sono previste agevolazioni fiscali riservate ai lavori di ristrutturazione e agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici. Inoltre, è assente una ridefinizione del ruolo strategico del Cipe in materia di programmazione e non c’è una ‘cabina di regìa’ delle opere, con un parallelo accentramento ‘cesaristico’ dei poteri nelle mani del premier”.

In conclusione, “no, non possiamo stare sereni – hanno detto i segretari generali di Fillea, Filca e Feneal, Walter Schiavella, Domenico Pesenti e Vito Panzarella –. A rischio, c’è il futuro di un intero settore, di centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici, delle loro famiglie, dei giovani, di migliaia di imprese grandi, piccole e artigiane. È ormai da troppi anni che si fanno promesse senza poi mantenerle, il nostro settore e la nostra gente non possono più aspettare. Per questo, a partire dal giorno dell’approvazione dello ‘Sblocca Italia’, partirà il nostro monitoraggio sullo stato di avanzamento del decreto. E di questo nostro lavoro daremo conto periodicamente ai lavoratori e alla stampa. Con le nostre proposte, vogliamo spingere il settore verso una ripresa fondata sulla qualità, la regolarità del lavoro e dell’impresa, la sostenibilità ambientale e messa in sicurezza del patrimonio abitativo e del territorio. Tema, quest’ultimo, tornato drammaticamente sotto i riflettori con la prima pioggia di settembre che ha sconvolto il Gargano”.