Protestano i 75 lavoratori di Sviluppo Italia Sicilia, esclusi dall'albo unico dei lavoratori licenziati dalle società partecipate dopo un parere dell'avvocatura di Stato che ha dato una diversa interpretazione della legge istitutiva del contenitore in cui collocare i lavoratori al quale le società rimaste in vita avrebbero dovuto attingere per le loro esigenze di personale. Dopo un'estate di presidi, i sindacati Fisac Cgil, Uilca e Fabi in una nota congiunta chiedono con urgenza un tavolo alla presidenza della Regione, per sbloccare la vertenza, e la  assunzione degli ex dipendenti di Sviluppo Italia Sicilia alla Sas, la società Servizi ausiliari Sicilia, in cui avrebbero dovuto da tempo transitare.

Oggi (29 settembre) i lavoratori dell'ex società partecipata, che da tre anni portano avanti la battaglia per la loro ricollocazione, assistiti da uno studio legale palermitano hanno presento un esposto. Nella denuncia, inviata per conoscenza alla procura della Corte dei Conti, diffidano la Regione Siciliana a porre in essere atti che possano essere pregiudizievoli nei loro confronti e la Sas ad attuare atti di interpello che li escludano.

“E' passata un'intera legislatura senza che, dopo l'intervento dell'Ars favorevole alla nostra ricollocazione, si sia risolto il problema – dichiara Gianluca Mazzarese, della Fisac Cgil - La legge Madia detta norme precise, la Sicilia ha fatto eccezione: sono state chiuse le società partecipate e non sono stati tutelai i lavoratori. Il governo non ha stanziato le risorse e non è stato in grado in tutto questo tempo di dare una risposta. Cosi è stata mortificata la volontà del Parlamento siciliano”.

Le organizzazioni sindacali si chiedono “come mai alla vigilia della conclusione del lunghissimo iter per l'assunzione dei lavoratori dell'Albo si utilizzi un parere dell'Avvocatura per vanificare la volontà del Parlamento siciliano che è chiara ed inequivocabile e in linea con la legislazione nazionale e che alla luce dei fatti appare come una foglia di fico per nascondere l'incapacità del Governo e della burocrazia regionale ad applicare le leggi”.