Sono 8,8 milioni di lavoratori senza rinnovo contrattuale e tra questi 2,9 milioni nel pubblico impiego, 1 milione circa nei settori dell’istruzione pubblica; aumenta il periodo medio di vacanza contrattuale, 83 mesi per i lavoratori del pubblico impiego; l’aumento dell’indice delle retribuzioni contrattuali orarie è il più basso dal lontanissimo 1982. Così il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli, commenta le ultime cifre. "La fotografia del lavoro dipendente che oggi l’Istat ci consegna è impietosa - spiega - e ci spinge a riflettere su una enorme questione salariale nel nostro Paese, sollecitata da un’altrettanto spinosa questione contrattuale. Su questi due temi è opportuno aprire un vasto dibattito pubblico, poiché anche l’Istat conferma che le politiche adottate in questi anni dai governi a maggioranza di centrodestra, tecnici e a maggioranza Pd hanno penalizzato soprattutto ed enormemente il lavoro dipendente".

Il sindacalista quindi aggiunge: "Non sono bastati interventi demagogici ed extra contrattuali, come gli 80 euro di Renzi, oppure come il ricorso ai bonus, per risollevare il reddito e il potere d’acquisto di quasi la metà dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti. Per questa ragione, è opportuno rilanciare la centralità dei contratti nazionali, del loro rinnovo e la loro preminenza sui contratti di secondo livello".

Come sindacato della conoscenza, ricorda, "abbiamo più volte stigmatizzato come dal 2009, per i lavoratori e le lavoratrici dei settori della conoscenza, non si riesca a rinnovarne il contratto nazionale, nonostante una decisiva sentenza della Corte Costituzionale, che impone al governo di provvedervi con rapidità. L’apertura del tavolo di confronto tra la ministra Madia e i sindacati potrebbe far sperare in una soluzione positiva. Occorre mettere riparo a una profonda ingiustizia, che vede lavoratori e lavoratrici della conoscenza agli ultimi posti della scala salariale europea, in particolare nel confronto di grandi nazioni come Francia, Germania o Spagna". Il rinnovo del contratto nazionale è una delle vie principali per colmare il gap salariale, per ricostruire fiducia in un mondo, quello della conoscenza, considerato ingiustamente e indebitamente talvolta marginale e talvolta costituito da “fortunati”. Così Sinopoli: "Se davvero vogliamo restituire quel senso e quella dignità verso tutti i lavoratori e le lavoratrici della conoscenza, il cui ruolo è strategico e la cui funzione sociale è decisiva per lo sviluppo del Paese, è ormai necessario procedere speditamente verso il rinnovo del contratto nazionale, atteso da 7 anni, e non più procrastinabile. Diciamo basta a politiche economiche calibrate sul sacrificio di milioni di lavoratori e lavoratrici dipendenti".