Quello che doveva essere un provvedimento giusto, l’internalizzazione statale dei lavoratori degli appalti delle pulizie delle scuole, si è trasformato in una sforbiciata iniqua che a breve lascerà a casa migliaia addetti del settore. E questo grazie all’istituzione di criteri selettivi che non tengono conto della frammentarietà e della precaria organizzazione di questo settore, finora in balia degli avvicendamenti degli appalti e dei cambi di identità delle aziende, che con un nuovo nome sfuggivano all’obbligo di assumere a tempo indeterminato. Alla fine a pagare sono solo i lavoratori, ai quali in molti casi mancano, adesso, i requisiti che gli sono stati negati nel tempo. Ma anche chi ha iniziato a lavorare soltanto due o tre anni fa è giusto che rimanga senza un’occupazione? “Lo Stato dovrebbe creare posti di lavoro, non toglierli”, ci hanno ricordato Massimo, Stella, Danila, Pamela e Carmela.

Massimo Volpini
Sono 12 anni che faccio questo lavoro e come rappresentante sindacale aziendale seguo la vicenda scuole-Stato, da quando è uscito il decreto legge che nel  2018 proponeva l’assunzione del personale ex Lsu come personale Ata. Da quel momento abbiamo cominciato a muoverci per far sì che tutti i lavoratori fossero integrati, chiedendo delle garanzie al Miur. Speravamo fosse la volta buona per stabilizzare le persone che facevano parte di queste aziende, ma abbiamo ottenuto risposte parziali: è stata accolta la richiesta di internalizzazione del servizio, perché le aziende ormai non ne garantivano più la qualità, a causa dei tagli occupazionali, degli orari e dei salari, ma così come è fatta non ci piace. Bisogna avere 10 anni di servizio, con un contratto a tempo indeterminato, e avere la licenza media. Una scrematura che rischia di tagliare più di tremila persone, con gravi conseguenze per altrettante famiglie. Doveva esserci un colloquio, abbiamo preparato le persone ad affrontarlo, sapevano di entrare a far parte del personale Ata, con 36 ore di lavoro settimanale: invece non è più così e abbiamo anche dei dubbi su come questi lavoratori verranno inquadrati al momento dell’internalizzazione. C’è tanta confusione, circolano voci su possibili proroghe, non ci hanno detto se chi era full time sarà inquadrato così o passerà part-time. Ma la cosa peggiore è che nessuno si preoccupa – né le aziende, né tantomeno il Miur – della fine che faranno tutti i lavoratori che verranno tagliati fuori. La preoccupazione è enorme, perché ci sono persone che appartengono a fasce che sfiorano la povertà, monoreddito che hanno tre o quattro ore di lavoro al giorno e si ritrovano a perdere anche quelle, in un settore dove ci sono già stati tagli e aumento dei carichi di lavoro, e dove la retribuzione è bassa da sempre. Si creerebbe un disagio sociale enorme, come per tutte le altre vertenze aperte – Whirlpool, Ilva, Auchan – con la differenza che noi purtroppo non abbiamo la stessa visibilità. Chiediamo l’apertura di un tavolo tecnico per discutere e apportare quelle modifiche che permettano a tutti di conservare il posto di lavoro. Chi aveva 10 anni di servizio ha fatto la richiesta online, a tutti gli altri abbiamo fatto fare lo stesso la domanda tramite raccomandata, perché ad oggi il Miur non fornisce risposte sul destino di quanti non hanno i 10 anni, né su come intende colmare i posti che rimarranno vuoti: useranno i lavoratori che hanno sette, otto o nove anni di lavoro o il personale Ata per coprire i buchi? Non ci hanno dato nemmeno questa risposta, non sanno nemmeno loro cosa faranno. Il 1° marzo dovrebbero entrare le persone internalizzate, ma manca poco tempo e sembra di essere ancora in alto mare. Questa totale incertezza logora i lavoratori. Fra poco le aziende cominceranno a mandare le lettere di licenziamento e sono tante le persone che rimarranno escluse: anche per chi ha iniziato a lavorare due o tre anni fa questo è comunque un posto di lavoro, ma non avendo i requisiti lo perderanno. Il requisito dei 10 anni, l’ostacolo maggiore, è stabilito da una legge fatta nel 2013, in base a dati ormai superati: il panorama è cambiato, c’è stato un ricambio generazionale, e così persone che hanno due o tre anni di lavoro, persone valide, che speravano di aver trovato finalmente una sistemazione, si ritroveranno a spasso. Lo Stato dovrebbe creare posti di lavoro, non toglierli.

 

Stella Palmiotto
Faccio questo lavoro dal 2001, nelle scuole da due anni. Non arriviamo a fine mese, siamo divorati dalle tasse, le ore sono poche, i soldi sono pochi e adesso perdiamo addirittura il lavoro. Nessuno si pone il problema che restiamo disoccupati, nessuno dice niente. Dicono soltanto “ci dispiace, non ci rientri”, come se fossimo delle pedine, delle cose. Non pensano che ognuno di noi ha una famiglia, dei figli, delle spese da pagare, chi ha un affitto, chi il mutuo: non puoi permetterti le cure, perdi la casa, perdi la macchina, è la disperazione per un lavoratore, perché non perde solo delle cose, perde anche la dignità, piano piano. Torni a casa e non hai neanche una bottiglia d’acqua da mettere sul tavolo. E poi ci controllano le buste paga: vorrei tanto vedere quelle dei presidi, dei dirigenti. Ogni legge è contro il lavoratore adesso, non abbiamo una legge che ci tuteli. I contratti che abbiamo adesso hanno un altro nome, ma sono sempre i vecchi co.co.co.. Devi abbassare la testa se vuoi mangiare, ti umiliano, ti maltrattano, devi lavorare anche se stai male. E in un modo o nell’altro, se ti vogliono buttare fuori, ti buttano fuori. Non sei un essere umano. Oggi c’è lo sciopero: io avrei potuto girare le spalle, come hanno fatto altre persone, perché tanto non rientro nei contratti della scuola, però non mi sembra giusto, perché oggi tocca a me, domani potrebbe toccare a loro. Non può essere così. Lo so che perderò il lavoro, ma fino a che dura va bene, non mi giro dall’altra parte, ho avvisato l’azienda dello sciopero e sono qui, comunque: perderò il lavoro, ma non mi interessa, non si può sempre abbassare la testa con queste persone e dargliela vinta, siamo stufi. Se mai un giorno mi trovassi senza casa, senza mangiare per la mia famiglia - spero mai – dovrà essere chiaro che lo Stato mi ha portato a questo punto, perché lo Stato non ci tutela. È una vergogna, qualsiasi partito governi, nel momento in cui arriva al potere dispone di noi come se fossimo solo delle pedine macina soldi. Ma a differenza di loro, dopo anni di questo lavoro, piegati, a romperci la schiena, arriviamo a una certa età distrutti. Come me che adesso, a 43 anni, devo anche cercare un altro lavoro.

 

Danila Romano
Mi occupo di pulizie nelle scuole dal 2010, prima con Multiservizi poi con Ibm. Io non rientro in questa selezione, perché ho nove anni di lavoro con contratti a tempo determinato. Abbiamo già vissuto un periodo di crisi quando la Multiservizi ha perso l’appalto dello Stato e grazie al sindacato, che ha agito per il meglio, siamo riusciti a non perdere il posto di lavoro. Adesso con il decreto legge rischiamo nuovamente di restare a casa. La prospettiva di internalizzazione, che avrebbe dovuto coinvolgere tutti, si è trasformata in un disastro, perché il decreto prevede una serie di restrizioni, prima tra tutte quella dei dieci anni, che lasceranno indietro diverse persone. Il decreto probabilmente era stato previsto per stabilizzare Lsu e appalti storici, impiegati da molto più tempo di noi, che invece siamo stati assunti intorno al 2010 e siamo andati progressivamente aumentando. Lo sbaglio che è stato fatto nei vari decreti di modifica - l’ultimo risale allo scorso ottobre - è stato non censire il personale realmente interessato all’appalto, senza considerare che la platea si è ampliata. Quando noi siamo stati licenziati da Multiservizi, ad esempio, l’operazione ha coinvolto circa 750 lavoratori e adesso siamo più di 900. In molti rischiamo così di rimanere fuori. Il problema grande è che ci sono una scolarizzazione bassa e un’età media alta e il reinserimento nel mondo del lavoro non sarà affatto facile, anche perché abbiamo fatto questo lavoro per molto tempo e non abbiamo altre competenze. Si rischia di perdere la dignità, perché per quanto sia un lavoro pagato poco ci permette di vivere, di mantenere la nostra famiglia. Ci preoccupa il fatto che non abbiano avviato un tavolo di trattative, che non abbiano mai ascoltato le rimostranze sindacali, che sono state tante. Non hanno ascoltato le nostre assemblee, non hanno ascoltato niente. Dà fastidio poi sentire l’onorevole Gallo dire: “Siamo contenti di questa operazione perché porterà alla stabilizzazione di quasi tutto il comparto”: quel “quasi” non va bene, dietro quel “quasi” – vorrei far capire a questi signori – c’è una vita, c’è un mondo, ci sono persone con problemi. E trovo ancora più assurdo il fatto che chi ci governa abbia giurato fede a una carta costituzionale che al primo articolo recita che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e poi il lavoro, con un decreto legge, ce lo tolgono. In tutto questo i mass media non ci considerano proprio: le altre vertenze sono sulla bocca di tutti, noi no, perché quanto sta accadendo è legittimato da un decreto. È una cosa inaccettabile e non riusciamo a venirne fuori perché non ci considera nessuno. Come se non bastasse poi è scoppiata una guerra tra poveri, perché il personale Ata, la terza fascia, reputa questa stabilizzazione incongrua e ritiene che andrebbe a colpire le loro liste, per le quali è necessario avere il diploma. Ma è tanto tempo ormai che noi facciamo questo lavoro di pulizia, che è stato scorporato dal loro, e non togliamo niente a nessuno. Eppure - non tutti, ma una buona parte - pensano che non sia giusto che delle semplici pulitrici ottengano un posto statale. C’è in atto anche questa discriminazione, ed è davvero intollerabile.

 

Pamela Bauco
Lavoro alla scuola Carlo Levi, sono un’operaia. Non c’è stabilità, solo insicurezza: ad oggi io, che ho da sette anni un contratto a tempo indeterminato, non so cosa accadrà tra un mese. I contratti dei colleghi a tempo determinato sono stati prorogati fino al 29 febbraio. A me e alle colleghe con il mio stesso contratto non è arrivata nessuna notizia. Sappiamo che il primo ottobre è stata aperta una procedura di licenziamento collettivo, questa è l’unica cosa certa. Proprio lo Stato, che dovrebbe darci il lavoro, la speranza del futuro, come può fare una cosa del genere? l mio lavoro è di 15 ore settimanali. Faccio tanti straordinari, anche perché in più abbiamo il fermo estivo, senza stipendio e senza disoccupazione. Chi ha il contratto a tempo determinato prende la Naspi, noi abbiamo la sospensione e basta. Io faccio anche un altro lavoro, la mattina presto, mi alzo alle 3.30. Per forza, ho una figlia e sono sola. Attacco alle 4.15, poi il pomeriggio ho le tre ore a scuola. Cerco di migliorare la mia situazione e di poter far fronte ai due mesi estivi senza stipendio, lavoro più che posso e non riesco neanche a prendere un affitto, sono costretta a stare dai miei genitori. Quest’anno voglio mandare la bimba al campo scuola, l’anno scorso non c’è andata: costa 300 euro, uno stipendio. E adesso è arrivato anche questo macigno, non so che altro ci dobbiamo aspettare. Il lavoro dovrebbe essere un diritto, ma dov’è la tutela per noi? Non c’è. Cosa succederà? Lavoreremo fino a giugno? Non si sa. Mi auguro che si rendano conto della gravità della situazione. Alla fine tra privato, Stato, Governo, Cns, Miur, chi ci rimette siamo soltanto noi, perché siamo l’ultima ruota del carro. Mi auguro che quantomeno ci diano un altro lavoro, che qualcosa avvenga. Che non ci abbandonino.

 

Carmela Rickman
Lavoro in due scuole materne, da nove anni. Per un solo anno mi manca il requisito dei 10 anni, e sono fuori. Altro requisito è il contratto a tempo indeterminato e io sono stata passata a indeterminato nel 2012, quindi ne ho solo otto anni. Lavoro tre ore con lo Stato e tre con il Comune, perché a un certo punto lo Stato ha tolto l’appalto all’azienda e io e altri colleghi ci siamo trovati con il lavoro diviso in due, con le due parti che non si mettevano d’accordo sulla divisione degli orari: e noi in mezzo, oggetti, nelle mani di aziende che ci hanno solo usato. Siamo numeri e basta, è un lavoro senza dignità, ma bisogna farlo, perché altrimenti non riusciamo a campare. Stanno facendo cose un po’ strane. In primo luogo il fatto di non calcolare i lavoratori a tempo determinato, lasciando così fuori tante persone. Sono parametri assurdi, dovrebbero conteggiare anche il tempo determinato, tanta gente per pochissimo non ci rientra. Alla fine le domande di assunzione online – quelle che possono presentare le persone con i requisiti in regola, sono poche e quelle cartacee – di chi, per un motivo o per l’altro, non ha tutti i requisiti in regola – sono tantissime. Inoltre stanno presentando le domande online anche le persone che stanno lavorando nelle scuole comunali: riuscirà lo Stato a distinguere e a fare le cose correttamente? Che cosa abbiamo lavorato a fare per nove anni di seguito nelle scuole statali, con tanti sacrifici? All’inizio avevo tre ore da una parte e un’ora dall’altra e non arrivavo a recuperare uno stipendio, in più abbiamo il fermo scolastico estivo e l’azienda per cui lavoro in quei mesi invece di chiamare noi chiama gli interinali, che pagano quattro euro l’ora. Serve un tavolo per discutere di questa situazione: tanta gente si troverà per strada grazie allo Stato. C’è molta confusione e scarsa disponibilità ad ascoltare. E non abbiamo sicurezze neanche con il Comune, perché il Comune non assorbe. La cosa triste è che sta diventando una lotta tra lavoratori. Ci sono quelli che hanno un determinato di due anni e vorrebbero essere assunti, quelli che hanno 10 anni di lavoro con il Comune e il posto fisso con una cooperativa e vorrebbero passare allo Stato: sono molte di più di 16 mila le persone in ballo. All’inizio si parlava di contratto statale full time, adesso si comincia a parlare di part-time, e allora siamo punto e a capo. La mia prospettiva è di restare con tre ore di lavoro per otto mesi, e poi neanche più quello, perché potrei diventare un esubero anche per la Multiservizi. La situazione è grave, anche avendo un altro lavoro. Lo Stato dovrebbe fare una graduatoria, valutare tutte le domande, non solo quelle online, perché lì dentro, tra le domande cartacee, ci sono requisiti importanti, c’è gente che ha tanti anni di lavoro. Dovrebbe fare le cose per bene, fare la cosa giusta. Un lavoro statale, che mi sistemi un po’ la vita, dopo tanti anni credo di meritarlo. Un lavoro a 12 mesi. Vorrei tanto essere tra quelli che oggi possono quasi cantare vittoria.

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