I dati diffusi la scorsa settimana dal dipartimento finanze del ministero del Tesoro fanno impressione: in Italia i lavoratori autonomi hanno un reddito di 41.000 euro l'anno gli imprenditori 21.000, i lavoratori dipendenti di 20.600. “Sono dati – ha detto il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Colla, intervenuto su RadioArticolo1 – che dimostrano come in Italia se si vuole operare una vera redistribuzione delle ricchezze bisogna partire colpendo con forza l’evasione fiscale. Le istituzioni debbono fare il loro mestiere e devono essere riconosciute come tali perché riescono a garantire, appunto, giustizia sociale”.

 

Da questo punto di vista, ha aggiunto Colla, “penso che le normative attuali non reggano più. Non solo: chi prova a forzare per cercare di far pagare le tasse, magari poi politicamente va in minoranza. Questa cultura non è più accettabile. Non è una cultura di cui hanno bisogno i lavoratori. Come dice la Costituzione, ognuno deve pagare le tasse in base alle proprie possibilità”.

Tra le sproporzioni che colpiscono c’è anche quella per aree geografiche: il reddito medio annuo dichiarato in Lombardia è pari a 24.700 euro, mentre in Calabria è di 14.950 euro. “Questi numeri – ha sottolineato il dirigente Cgil – mostrano bene la polarizzazione che c’è In Italia. E la tenuta democratica è a rischio se non interveniamo. Il tema per il Sud non è solo il reddito di cittadinanza, ma riguarda anche come vengono spese le risorse pubbliche. Inoltre, abbiamo bisogno anche di ricreare le filiere del lavoro: solo così noi riusciremo a ripristinare un po' di equità”.

Serve anche un’analisi sociale un po’ più approfondita: “Non si può dire solo dire che la gente del Sud vuole l'assistenza. La gente del Sud onesta e che lavora vuole equità e giustizia sociale. Si tratta di una riflessione che, ovviamente, deve riguardare l’intero paese”. La povertà, naturalmente, non riguarda solo il Mezzogiorno o chi è disoccupato. Per Colla è evidente come ci sia “una sorta di bolla di lavoro povero che continua a espandersi. Spesso poi i lavoratori stabili diventano precari ed entrano in questa fascia di povertà. Per non parlare dei tanti anziani che sono ormai stabilmente in una condizione di povertà”.

Per uscire dalla crisi e dalla povertà del lavoro, ha osservato il dirigente della Cgil, “bisogna individuare politiche che siano in grado di investire nelle grandi filiere innovative, che spesso poi caratterizzano anche l’identità del nostro paese. Penso all'agroindustria, all’energia che incrocia tutte le tematiche dell'ambiente. Poi, naturalmente, fibra ottica e 5 G chevuol dire parlare di impresa 4.0”. Questo, solo per fare qualche esempio: “Occorrono investimenti per creare lavoro nelle filiere innovative, altrimenti si rimane sui quei segmenti poveri che, fatalmente, producono lavoro povero e lavoratori poveri”.