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Si terrà venerdì 4 novembre lo sciopero nazionale di Poste Italiane per l'intera giornata con manifestazioni in ogni regione. Doppio appuntamento a Roma: presidio di fronte al ministero dell'Economia e manifestazione davanti alla sede centrale di viale Europa 175. Saranno comunque garantiti i seguenti essenziali: accettazione delle raccomandate e assicurate; accettazione e trasmissione telegrammi e telefax; anticipazione al giorno precedente del pagamento dei ratei di pensione in calendario per il giorno dello sciopero. Prosegue intanto il blocco degli straordinari di un mese che dovrebbe concludersi il prossimo 23 novembre.
La protesta è stata indetta unitariamente da Slc Cgil, Slp Cisl, Failp Cisal, Confsal Comunicazioni e Ugl Comunicazioni che contestano la riorganizzazione e dicono "no a una privatizzazione che punta solo a fare cassa". I sindacati chiedono al governo “che l’azienda non sia totalmente privatizzata, che sia mantenuta l’unicità aziendale, che si utilizzino gli utili di bilancio per continuare a migliorare i servizi e le condizioni di lavoro”. Poste Italiane “non si svende e, per il servizio che rende al paese, deve rimanere a maggioranza pubblica”. Le sigle di categoria chiedono al management “di dare attuazione al piano industriale con serietà” e contestano “l’attenzione esclusiva riservata al segmento finanziario: Poste è anche un’azienda logistica di primaria importanza nel panorama italiano e vuole continuare a esserlo”.
Altro punto di forte attrito è la “riforma” del recapito a giorni alterni: “La posta va recapitata tutti i giorni, come afferma anche l’Unione Europea, e la riorganizzazione della divisione Poste Comunicazione Logistica deve essere fatta con investimenti mirati alla qualità del servizio, all’efficienza delle consegne, alla valorizzazione della straordinaria rete logistica dell’azienda. C’è una enorme fetta di mercato da intercettare e solo piani mirati in quel senso garantiranno in futuro la solidità di Poste e il mantenimento dei livelli occupazionali”.
Slc Cgil, Slp Cisl, Failp Cisal, Confsal Comunicazioni e Ugl Comunicazioni rimarcano anche i carichi di lavoro “massacranti” per gli addetti agli sportelli e le pressioni commerciali “al limite del ricatto” subite da tutto il personale. In conclusione, affermano che “non si possono chiudere uffici postali solo perché in zone disagiate, non si può continuare a ignorare la necessità di personale agli sportelli e non si può trattare il dipendente postale come fosse un venditore a cottimo, spinto solo a collocare prodotti in una insana e inefficace rincorsa dell’obiettivo di budget”.