Nonostante il miglioramento di alcuni parametri economici, gli italiani continuano a vivere una condizione di prevalente sofferenza e di grande incertezza. O perlomeno è così per la maggioranza di essi. È questa la fotografia del Paese che emerge dal rapporto socioeconomico relativo al terzo trimestre dell' anno, realizzato dalla Fondazione Di Vittorio in collaborazione con Tecnè . Un rapporto che mette a fuoco le divergenze e le disuguaglianze che stanno maturando già in questa prima fase di ripresa economica.

La ricerca ha come perimetro di riferimento la popolazione maggiorenne verso la quale i sindacati (la Cgil in testa) rivolgono principalmente la loro azione: pensionati, lavoratori, disoccupati, precari, giovani, categorie accomunate da una fragilità economica che le ha rese più esposte alla " tempesta perfetta" della crisi. In questo vulnerabile aggregato sociale l' indice della fiducia economica si conferma su valori molto bassi (38 punti su una scala che si estende da 100 a 1), mentre sale a 51/100 (+1 rispetto al trimestre precedente nel resto della popolazione composto prevalentemente di persone con redditi superiori alla media.

La situazione del Paese appare migliore di un anno fa, ma ben diversa è la condizione che quotidianamente vivono le famiglie

Se poi si analizzano i dati dei singoli indicatori che compongono la fiducia economica, si scopre che nel complesso, la situazione del Paese appare migliore di un anno fa, ma ben diversa è la condizione che quotidianamente vivono le famiglie. Solo una minima parte di queste, infatti, ha visto migliorare la propria condizione economica. Per le altre o non è cambiato nulla, oppure vivono un' ulteriore discesa della scala economica e sociale. E dalle risposte rilasciate dagli intervistati, traspare un sentimento che si può sintetizzare così : " L' Italia probabilmente sta un po' meglio, io speriamo che me la cavo" .

E, infatti, le stesse persone rispondono alle due domande in modo completamente diverso, e la situazione reale della famiglia, stabilmente molto bassa, testimonia, di là dalla narrazione, come la maggioranza delle persone vivono ancora una situazione di grande difficoltà . Ma c' è di più : la forbice sociale si sta ampliando e la ripresa, iniziata nel 2015, non sembra distribuire dividendi tali da far pensare a un seppur modesto risarcimento a quelle fasce di popolazione che in questi anni hanno pagato il prezzo più alto alla crisi.

Mai come in questa fase, in Italia, convivono due grandi aggregati socioeconomici: il primo è di chi è proiettato verso un miglioramento della propria condizione l' altro è di chi, al contrario, o continua a sperimentare un progressivo deterioramento della propria condizione, oppure, al massimo, arresta la sua discesa verso il fondo della piramide sociale. È la dimostrazione evidente che le disuguaglianze prodotte dalla crisi, fra la parte di popolazione che sta meglio e fra chi risente ancora pesantemente dei suoi effetti, non hanno trovato soluzione nelle politiche economiche di questi anni. Al contrario, la forbice tende ad allargarsi e le fasce più esposte alla deriva sociale sono in particolare quelle giovani.

La ricerca amplia il suo raggio d' osservazione al clima sociale, dove a comporre l' indicatore contribuiscono, oltre alla percezione economica, anche la fiducia nella politica e nelle istituzioni. Ed è proprio il clima sociale a mostrare i segnali più preoccupanti del deterioramento. Mentre dal punto di vista macroeconomico il Paese mostra timidi segnali di miglioramento, dal punto di vista politico e istituzionale un " grande freddo" avvolge l' opinione pubblica, compresa quella parte di popolazione che un anno e mezzo fa aveva accordato un nuovo credito di fiducia alla politica e alle istituzioni.

La risalita di alcuni indicatori, insomma, non si sta traducendo, per il momento, in un' iniezione di ottimismo: la crisi non può ancora dirsi superata e il clima di fiducia economico migliora nella stessa misura in cui è debole la ripresa del ciclo economico.

* Presidente Fondazione Di Vittorio
** Presidente Tecnè