... di assemblaggio. Migliaia di persone si trasferiscono a Juarez dove sorgono più di mille "maquiladoras". Le Maquiladoras sono fabbriche che lavorano con contratti di subappalto. Ogni tre secondi  viene prodotto un televisore e ogni sette un computer.

La manodopera è prevalentemente femminile e a  bassissimo costo. Giovani donne, arrivano nella città di Juarez con la speranza di trovare lavoro. Sono operaie, impiegate, sindacaliste e studentesse che, con la loro valigia carica di sogni, cercano scampo dalla povertà in cui sono costrette a vivere e che le costringe a lasciare la famiglia per un lavoro che le possa riscattare dalle miseria. Guadagnano poco, il minimo necessario per la sopravvivenza delle proprie famiglie. Il loro lavoro si concentra solo in turni di notte, con una paga media di 5 dollari al giorno per dieci ore di lavoro. Nessuna tutela per maternità e salute. Molte di queste donne vengono catturate di notte, mentre vanno a lavorare o escono dai turni delle "maquilladoras". Dopo il sequestro le giovani operaie vengono stuprate, torturate, soffocate e infine uccise.

Le desaparecidas. Le Scomparse. Scomparse a una fermata dell'autobus o mentre camminavano verso casa, vittime indifese in una società malata di machismo e di violenza. Finite chissà dove o ritrovate a brandelli tra le sabbie del deserto che circonda la città sotto pochi strati di sabbia e pietre o in mezzo alla spazzatura. I loro cadaveri sono irriconoscibili perché mutilati, devastati o bruciati. Donne inghiottite dalla sabbia e dal silenzio dei media attorno alla loro tragica morte. Donne dimenticate.

Sono piu’ di 900 le donne ammazzate e più di 1000 quelle scomparse dal 1993 ad oggi. Ogni settimana a Ciudad Juárez almeno una donna sparisce e di lei non si sa più nulla, a meno che i rapitori non decidano di far ritrovare il suo corpo senza vita. I loro corpi seviziati vengono sotterrati nelle sabbie del deserto. Le autorità locali minimizzano la portata degli accadimenti delittuosi: ridotti a cronaca nera, perché si tratta di donne che abitano in ambienti degradati e marginali. E la violenza colpisce anche le associazioni che si battono per il rispetto dei diritti umani fondamentali. Furti, sms ed e-mail intimidatori, violazioni di domicilio, attentati, hanno colpito coloro che si impegnano per porre fine ai crimini.

Coperti dalla più assoluta impunità gli assassini hanno minacciato di morte, e a volte ucciso, avvocati e talvolta i loro familiari, giudici, procuratori, giornalisti per costringerli ad abbandonare le inchieste sugli omicidi delle donne. Le piste seguite dagli inquirenti sono molteplici:  narcos, serial killer statunitensi che attraversano il confine per compiere gli omicidi. Dopo il ritrovamento di tre cadaveri privi di alcuni organi, si è aperta la pista dei trafficanti di organi umani. Le testimonianze dei familiari delle vittime, madri, padri, sorelle, parenti inutilmente chiedono giustizia. Ma sono voci che si perdono nella stessa sabbia del deserto dove sono sepolti i corpi mutilati e offesi delle loro figlie, nipoti e sorelle.

Ciudad Juárez è una città violenta attraverso cui transita l’80% della cocaina proveniente dalla Colombia e destinata al mercato americano. I narcotrafficanti sono noti come tra i più sanguinari del Paese. Ma per due motivi non è possibile seguire questa pista: nelle industrie si consuma droga e a nessuno conviene impedirlo perché sotto effetto stupefacenti gli operai sopportano meglio i carichi di lavoro. In più questi stabilimenti sono una delle principali fonti di ricchezza del Messico, nonché molto convenienti per gli Usa, a loro volta principale meta degli emigranti messicani che costituiscono una fonte di ricchezza per il Paese d'origine grazie alle loro rimesse.

Un circolo vizioso per cui le indagini al loro interno sono bandite. In questa città, in cui il predominio maschile caratterizza ogni livello dell’organizzazione sociale, la violenza verso le donne si esprime tanto nell’ambiente domestico quanto in quello lavorativo, creando un facile contesto per gli assassini che possono contare sull’indifferenza assoluta. Così, omicidio dopo omicidio, Ciudad Juárez è diventato per le donne il luogo più pericoloso del mondo, soprattutto da quando, a partire dal 2001, con il moltiplicarsi delle inchieste di organismi internazionali, i corpi delle vittime violentate e strangolate hanno cominciato a sparire nel nulla.

Vivere a Ciudad Juarez per una donna giovane, povera e bella è diventato un inferno; non c’è sostegno da parte della polizia, il più delle volte connivente con gli stessi assassini. Queste fabbriche non investono nulla per il miglioramento del territorio, creando oltre ad una povertà di fatto anche un clima di disagio sociale profondo. Disagio sociale che si concretizza nei rapimenti di queste giovani donne, nella sofferenza fisica e psicologica che è loro inferta, nell’ annullamento del femminile che questo tipo di società ha partorito. La violenza sulle donne di Ciudad Juarez è una vergogna per tutto il genere umano. Una vergogna per chi la commette, per chi la ignora, per chi sa e tace, per la società dei consumi e la sua avidità. Il governo messicano deve mettere fine  a questo femminicidio, ma anche L'America deve fare un esame di coscienza: quali sono le sue responsabilità a riguardo? E noi Europei dovremmo smettere di voltare il capo da un'altra parte, come se la cosa non ci riguardasse. Il dramma di queste donne è un dramma che ci appartiene, perchè è un dramma umano.

E’ sorto un cimitero per queste giovani vite barbaramente strappate alle loro famiglie, il cimitero dalle croci rosa di Ciudad Juarez.  Per ogni croce rosa c’è una madre che piange, un urlo soffocato, ingoiato dal buio e dal silenzio.  I familiari delle donne scomparse o uccise hanno fondato un’associazione - Nuestras Hijas de Regresso a Casa A.C - che da allora unanime marcia, protesta, si indigna, chiede giustizia alle autorità che da sempre minimizzano il problema.

Tutti possiamo fare qualcosa per cambiare le cose. Prendere coscienza del problema è un primo passo, e poi parlarne con gli altri, passare la voce, denunciare questa violenza inaudita. Possiamo anche  firmare una petizione online :  "END VIOLENCE AGAINST WOMEN IN JUAREZ AND CHIHUAHUA" diretta al Governo Messicano, perché faccia indagini mirate alla cattura e alla condanna degli assassini delle donne di  Juarez:
http://www.petitiononline.com/NiUnaMas/petition-sign.html

Per chi volesse approfondire l’argomento consiglio:
il  libro “ L’inferno  di Ciudad Juarez " di Victor Ronquillo.
Il film “ Bordertown “ diretto da Gregory Nava (censurato in Messico). Amnesty International ha conferito all'attrice Jennifer Lopez il premio "Artists for Amnesty" per aver dato voce alle donne vittime del femminicidio in Messico. Ancora oggi, nonostante gli appelli, molte ragazze continuano a sparire.

Rosy Di Stefano ::: Redazione FilcemSiracusa.it