La programmazione per il Sud Italia "purtroppo è una parola sconosciuta: bisognerebbe tornare ad usarla, perché il Mezzogiorno ha sofferto tanti anni di solitudine come investimenti strutturali e di sistema". Lo afferma il segretario confederale della Cgil, Gianna Fracassi, a RadioArticolo1 nel corso della trasmissione Italia Parla. La recessione dei nostri anni "ha creato un divario tra Nord e Sud, con effetti soprattutto sul versante sociale: perché questa è una crisi sociale prima che economica".

 

Nell'ultimo biennio è stata accennata una politica per rimette in campo un'idea di sviluppo, prosegue la sindacalista. "L'intervento del governo col decreto Sud è un primo passo, però non ancora sufficiente: non ci sono caratteristiche di programmazione a lungo termine, inoltre manca il coordinamento necessario tra politica nazionale e regionale". Le risorse della programmazione europea "sono state utilizzate in maniera poco efficace", a suo avviso, oggi nel Paese è in atto una "ripresina" ma il vero tema "è come renderla strutturale e solida in tutti i territori".

Fracassi si sofferma poi sugli ultimi dati sull'occupazione. "Il quadro che emerge è sostanzialmente questo: c'è un aumento molto alto dei rapporti di lavoro a termine sia al Nord che al Sud, qui non vediamo grandi differenza. Al di là degli slogan e degli 'zero virgola', quindi, siamo essenzialmente in una dinamica occupazione di scarsa qualità. Questo è anche frutto delle politiche messe in campo, perché negli ultimi tre anni lo strumento principe è stato l'incentivazione fiscale che non ha funzionato. Adesso occorre cambiare rotta, perché il lavoro è una leva economica di crescita e sviluppo: su questo non vediamo ancora sforzi sufficienti".

Occorre investire per la creazione di lavoro, ma il governo sembra seguire un'altra strada. "Torniamo di nuovo a misure legate alla decontribuzione per i giovani, con una misura allo studio e già anticipata a giugno - fa notare Fracassi -, non vediamo interventi di altro tipo. Forse bisogna fermarsi un attimo, cominciare a valutare gli effetti che hanno queste politiche: allora si potrà costruire una parte della ripresa basandola su investimenti che creino lavoro e non facciano un'operazione solo di offerta". In generale, è necessario ripartire dai bisogni primari delle persone: "Salute, politiche sociali, scuola sono tre punti principali. C'è poi un'altro diritto - aggiunge - che è quello alla mobilità: ci sono molte zone del Sud che vedono gravemente lesa questa possibilità, devono svilupparsi i mezzi pubblici, una rete ferroviaria e una viabilità accettabile. Anche la mobilità primaria delle persone è un elemento che crea lavoro e sviluppo".