“Lo stop alla trattativa, deciso dal ministro Carlo Calenda, è merito degli scioperi e delle manifestazioni che i lavoratori hanno fatto. L'impegno del governo sulla garanzia al mantenimento dei livelli retributivi dei lavoratori è importante ma non sufficiente. Noi non vogliamo nessun esubero, e devono essere tutelati anche i lavoratori dell'indotto che sono più di 7.000. Inoltre, va garantito il rispetto dell'accordo di programma per lo stabilimento di Cornigliano”. Lo ha ribadito oggi, 10 ottobre, la segretaria generale della Fiom, Francesca Re David, riferendosi agli esiti dell'incontro di lunedì 9 ottobre al Mise

“Il governo ha fatto la sua parte – prosegue Re David –, poiché le condizioni poste da Am InvestCo sono diverse da quelle che le hanno consentito di aggiudicarsi la gara. Ma deve essere chiaro che per noi le condizioni di lavoro e l'eliminazione degli esuberi devono viaggiare di pari passo. Tutto il piano industriale va rivisto perché non è un piano che consente un ruolo strategico alla siderurgia in questo paese”. “Il tema occupazione, d’altra parte, è per la Fiom prioritario. Non esiste nessuna possibilità di trattativa se sul tavolo ci sono dei licenziamenti. La mobilitazione continua, nelle prossime ore saranno convocate assemblee nei posti di lavoro e sarà varato un pacchetto di ore di sciopero”.

“Quello che manca rispetto all'offerta – aveva detto Calenda conversando con i giornalisti dopo aver fatto saltare il tavolo sull'Ilva – non sono i numeri degli esuberi, su cui si può discutere e che fanno parte della trattativa, ma manca un pezzo dell'impegno che l'acquirente ha preso nei confronti del governo, che riguarda i livelli salariali e gli scatti di anzianità, su cui non si prevedeva di ripartire da zero ma anzi di mantenere quelli attuali. In assenza di conferma su questo punto – chiude – che è molto molto importante, il governo ritiene che non ci siano le premesse per aprire un tavolo di confronto”.

"Come ha fatto Macron e come hanno fatto Germania e Stati Uniti il governo deve difendere gli interessi del Paese. Che in questo momento sono anche avere un'industria siderurgica degna di questo nome". Ad affermarlo in un'intervista a La Stampa sul caso Ilva è Maurizio Landini, segretario confederale della Cgil. "Il piano che è stato presentato - afferma l'ex leader della Fiom - non è sostenibile" e "al governo chiediamo di fare fino in fondo la sua parte".

Landini si dice poi favorevole a inserire Cassa Depositi e Prestiti nella compagine societaria: "A questo punto - afferma - sarebbe molto importante che Cdp entrasse nella società, anche come elemento di garanzia degli investimenti e di chiarezza sugli impegni. Sarebbe una scelta intelligente, anche a tempo: qui c'è un gruppo che ha dimostrato qualche problema di attendibilità". "Il governo deve giocare un ruolo incisivo e più diretto. E se non va bene Cdp, si indichi un altro organismo. L'importante è per questa via dare credibilità al piano industriale", conclude.

"La sospensione dell'incontro da parte del ministro Calenda è il risultato della lotta dei lavoratori". A dirlo sono Cgil Taranto e Cgil Puglia, rimarcando che il governo "chiede ad Arcelor Mittal di ripartire dalla proposta economica cui si era impegnata (50 mila euro medie per addetto). Ma a noi ciò è appena sufficiente per l'avvio della trattativa". Per le due strutture sindacali "gli obiettivi sono chiari: anticipare i lavori di applicazione delle prescrizioni dell'Aia, salvaguardando i livelli occupazionali e ambientalizzando la fabbrica; tutelare i lavoratori dell'indotto, perché non siano le vittime sacrificali della vertenza". Al governo la Cgil chiede "di schierarsi dalla parte dei cittadini di Taranto, dei lavoratori dell'Ilva. Non è il tempo delle mediazioni, non è il tempo della strategia nella trattativa, non è tempo di riempire la trattativa di inutili orpelli come il Jobs Act o la provocazione di abbassare gli stipendi. Questa pausa del tavolo servirà a tutti". Per la Cgil, i lavoratori "hanno dimostrato, con lo sciopero, che sono pronti a sostenere la battaglia epocale con buona pace di chi anche oggi sostiene di chiudere la fabbrica, ma non riesce a dirlo con il megafono in mano di fronte a migliaia di lavoratori che oggi hanno riempito gli ingressi delle portinerie".

Il piano lacrime e sangue prevede 4 mila esuberi in tutta Italia, una “proposta inaccettabile che cancella i diritti dei lavoratori”, commenta il sindacato dei metalmeccanici Cgil. Al tavolo del Mise erano stati convocati Am Investco Italy (la nuova società di Arcelor Mittal e Marcegaglia) e i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom, Uilm e Usb, mentre tutti gli stabilimenti del gruppo (Taranto, Genova e Nove Ligure) sono in sciopero per 24 ore con un'adesione che registrato il 100%.