Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale della Filcams Cgil, è intervenuta stamattina al seminario Fillea sulla contrattazione. "La stagione contrattuale è molto complicata, per via della recessione e della deflazione. E in settori come il commercio che vivono di domanda interna, in una condizione di diminuzione del reddito e dei consumi le difficoltà sono ulteriori. Penalizzazione aggiuntiva, i provvedimenti del Governo sul lavoro".

"In prospettiva – continua la dirigente sindacale –, il quadro rischia di aggravarsi in un Paese che non investe, che non ha un processo di crescita. Penso in particolare al turismo: quel settore è sinonimo di sviluppo infrastrutturale, di nuove tecnologie, e con investimenti ulteriori può portare indubbi benefici al Paese. Ma su questo il Governo finora è fermo".

"Sulla contrattazione – osserva Gabrielli –, assistiamo a un cambio di atteggiamento da parte delle associazioni datoriali. Abbiamo contratti aperti per oltre 5 milioni di lavoratori. Per chiudere il contratto del terziario, mancano ancora tre tavoli. Ma il paradigma delle imprese è uno solo: per avere un rinnovo contrattuale e dunque nuovo salario, ci chiedono di destrutturare i contratti, restituendo scatti d'anzianità, permessi individuali, ecc. Non ci sono solo i giovani contro anziani, i neoassunti contro i vecchi assunti, c'è in ballo proprio la tenuta dei contratti nazionali. E delle tante cose che gli imprenditori vogliono eliminare, c'è anche la clausola sociale, che, da sola, per noi vale un contratto".

"Di fronte alla degenerazione in atto – rileva ancora la sindacalista –, la nostra parola d'ordine è contrattazione inclusiva, provandola ad inserire nei due livelli di contrattazione. Ma prima dobbiamo metterci d'accordo su cose intendiamo per inclusività e dove possiamo esercitarla: per la Filcams, vuol dire parlare delle buone pratiche realizzate sinora. E contrattazione inclusiva è l'opposto di frammentazione dei cicli di lavoro, a partire da formule sbagliate come le partite Iva e il lavoro parasubordinato, ma anche i part time, visto che su tale modello organizziativo poggiano le imprese per il 60-65% del totale. Il problema è che il lavoratore non può scegliere, perchè quella forma è l'unica data per avere un rapporto di lavoro, soprattutto per le donne".

"Noi puntiamo alla contrattazione inclusiva per ricostruire il ciclo di lavoro – prosegue la leader della Filcams –, dalle esternalizzazioni agli appalti, portando l'esigibilità di diritti come quello alla sicurezza, in quanto molti lavoratori ne sono privi. Pongo due riflessioni aggiuntive: la prima, quella sul perimetro contrattuale, ovvero dove facciamo contrattazione inclusiva. Partiamo dai siti, che per noi è il centro commerciale, l'ipermercato, un aeroporto, ecc. La contrattazione di sito è contrattazione prevalentemente preventiva. In molti casi, abbiamo stabilito le norme di sicurezza e l'esercizio dei diritti sindacali, gli orari di lavoro, prima che un centro commerciale aprisse. Quel protocollo ha portato tutti i lavoratori a vincolarsi a quel tipo di contrattazione. Oggi quel modello è più complicato, perchè abbiamo sempre meno nuove aperture commerciali, e dobbiamo agire laddove le strutture sono già insediate. Ciò rende il percorso contrattuale più faticoso".

Ultimo aspetto, la riduzione dei contratti nazionali. "Innanzitutto, dobbiamo preservarli – conclude Gabrielli –, perchè in molti settori e territori è l'unico punto di riferimento per i lavoratori, in merito alle normative che li unificano da Nord a Sud: la contrattazione di secondo livello non basta, anche perchè in molte zone non c'è. Solo nel terziario, oltre al nostro, esistono altri 16 contratti firmati da organizzazioni sindacali di categoria: ciò provoca un dumping che non è più sostenibile nè dalle imprese nè dai lavoratori. Se guardo ai 23 contratti complessivi della nostra area contrattuale, pur essendo necessari armonizzazioni e accorpamenti, faccio fatica a pensare a come avviare tale percorso e a come ricostruire la filiera. Le nostre associazioni datoriali si sono moltiplicate, portando a un'ulteriore frammentazione dei contratti esistenti. La questione della rappresentanza è un problema confederale, proprio per via degli effetti dumping, che non riguarda solo l'industria, ma tutto il mondo produttivo".