Il rinnovo del contratto nazionale del trasporto pubblico locale, le elezioni Rsu nelle Fs, la privatizzazione e il riassetto del gruppo. Questi i temi principali dell’intervista al segretario nazionale della Filt, Alessandro Rocchi, andata in onda stamattina a Italia Parla, la rubrica quotidiana di RadioArticolo1 (ascolta il podcast integrale).

“Il nuovo contratto segna la chiusura di una vertenza che si era protratta oltre i limiti tollerabili – ha esordito il dirigente sindacale –, e mette fine a una fase delicatissima, complessa e confusa di relazioni sindacali a livello nazionale, aprendo prospettive inedite, affinché il ccnl e la contrattazione aziendale possano davvero accompagnare l’indispensabile e graduale processo di riassetto industriale del settore. Naturalmente, il rinnovo da solo non basta, in quanto c’è una grossa lacuna, costituita dal quadro normativo su cui Governo e Parlamento stanno ancora ritardando le decisioni, in particolare su due grandi questioni. La prima, il finanziamento pubblico del tpl, sia in conto esercizio che in conto capitale: basta guardare, in tante città, allo stato di vetustà dei mezzi a disposizione, e la Legge di stabilità 2016 acuirà, seppur di poco, le già scarsissime risorse in dotazione al fondo nazionale per il finanziamento del tpl. Da due anni, poi, si parla di un disegno di legge di riassetto normativo del comparto gare, ma ancora non si vede nulla, e ciò accresce le incertezze e aumenta le preoccupazioni sulle prospettive di medio periodo del settore”.

“Per quanto riguarda le elezioni Rsu nelle Ferrovie dello Stato, non abbiamo ancora dati nazionali ufficiali – ha rilevato l’esponente Cgil –, ma si può dire con ragionevole certezza che la Filt risulta essere il primo sindacato del gruppo, con una percentuale consolidata attorno al 28-30% di voti espressi. Il fatto, poi, che oltre il 75% degli aventi diritto abbiano partecipato alle elezioni, è un buon segnale per il sindacato, confermando la lunga tradizione di rappresentanza sindacale di mandato che hanno da sempre i ferrovieri. Ricordiamo che le Fs furono una delle prime aziende che già nel marzo 1994, pochi mesi dopo l’accordo interconfederale che istituì le Rsu, andò al voto”.

Sull’avvio del processo di privatizzazione del gruppo, Rocchi ha ribadito la contrarietà della Filt, ricordando come le Fs siano la seconda azienda italiana per investimenti, la quinta per numero di addetti, la decima per redditività e la tredicesima per fatturato, con l’ultimo bilancio chiuso in attivo. “Perché un’impresa del genere deve finire per il 40% in mano a privati? Per quale motivo un gruppo pubblico di grande capacità manageriale, comprovata dai risultati ottenuti negli ultimi anni, grazie anche al grande contributo dei lavoratori, deve essere privatizzato? – si chiede il sindacalista –. Oltretutto, l’operazione ha portato alla paralisi dei vertici aziendali e alle conseguenti dimissioni di tutto il cda. Naturalmente la decisione compete a Governo e Parlamento, ma se proprio privatizzazione deve essere, noi, assieme a Fit e Uiltrasporti, abbiamo alcune idee condivise in proposito su cosa andrebbe fatto. Di sicuro, privatizzare senza prima aver riorganizzato il gruppo, significherebbe condannare l’operazione all’insuccesso: si tratterebbe dell’ennesima privatizzazione all’italiana, di cui non abbiamo assolutamente bisogno”.

“Anche il ricambio della dirigenza Fs, avvenuto negli ultimi giorni (Renato Mazzoncini e Gioia Ghezzi, rispettivamente neo ad e neo presidente, al posto di Michele Elia e Marcello Messori) ci ha convinto pochissimo per le modalità con cui è stata fatta la transizione al vertice, soprattutto per l’intempestività di alcune decisioni prese. Proprio oggi, s’insedia il nuovo cda, e noi auspichiamo che il confronto con il sindacato si sviluppi da subito in modo chiaro e trasparente, pur nelle difficoltà”, ha concluso il responsabile del trasporto ferroviario della Filt.

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