“Il management dell'Eni sta cercando di vendere Versalis, una delle più importanti società della chimica europea, a un fondo da quattro soldi, inconsistente finanziariamente, che non ha alcuna capacità finanziaria di assumere dentro di sé una grande azienda come Versalis. E il Governo che fa? Nessuno offre uno spunto, una riflessione su quello che sta accadendo... imbarazzante il suo silenzio!”: lo ha detto oggi Emilio Miceli, segretario generale della Filctem, parlando all'affollatissimo presidio dei lavoratori Eni e Saipem a San Donato Milanese, proprio davanti alla sede di Eni, dove è in corso la riunione del consiglio di amministrazione.

“La prima cosa da dire al Governo – incalza Miceli –  è che  non possiamo immaginare che ci sia tanta leggerezza e tanta irresponsabilità nel decretare la fine della chimica italiana". Peraltro, lo stesso Renzi si è presentato a Parigi sventolando i grandi progetti di green economy di Eni e Enel, pur sapendo che Eni stava vendendo a SK capital, e che stava già mollando tutta la chimica verde”.

“Ma quello che più ci sconcerta e ha dell'incredibile, è che l'amministratore delegato ci venga a dire che lui sta trattando duramente, che le condizioni che imporrà al fondo saranno durissime, che alla fine ci sarà un piano industriale vincolato per cinque anni. Ma i piani industriali durano sei mesi e nessuno può imporre a un soggetto, che rileva il 70%, cosa deve fare nei prossimi cinque anni, non è possibile! Non siamo in Unione Sovietica, e segnaliamo che i piani quinquennali sono falliti anche lì, nonostante avessero un rapporto ostico con i mercati. E allora ci dica che sta trattando la cessione di Versalis al peggio, non al meglio!”.

“L'Eni dovrà spiegare al Governo, non solo a noi – osserva il leader della Filctem –, che vendere a un fondo inconsistente porterà la chimica italiana a un salto nel buio. Con tale operazione, il gruppo non solo distrugge Versalis, ma distrugge la stessa possibilità del Paese ad avere un processo di diversificazione attraverso la chimica verde, che poi ha la faccia di Porto Torres, Porto Marghera e della stessa Gela”.

E tutto ciò accade perché attraverso la recente cessione di una parte di Saipem alla Cassa Depositi e Prestiti, si continua a immaginare che anche la chimica debba essere ceduta”. Dello stesso destino di Saipem, una delle più importanti imprese italiane, siamo preoccupati: un'impresa che ha bisogno che l'Eni continui ad essere un partner forte, un cliente forte, avendo in Saipem un orizzonte della sua politica industriale. Perché noi - e questo il dottor Descalzi dovrebbe tenerlo bene a mente -  siamo i primi a essere preoccupati che quelle imprese - poche, non tantissime - che ancora riescono a stare su tutti i mercati internazionali, continuino a essere delle grandi imprese, mentre l'Eni sta (paradossalmente!) reagendo alla crisi svendendo tutto quello che c'è da svendere! Siamo contrari al fatto che il gruppo immagini di diventare un'azienda che opera solo fuori dai confini nazionali, rischiando il divorzio dalla politica industriale del Paese: questo è inaccettabile”, conclude il dirigente sindacale.