"È una parabola all’ingiù quella tracciata dall’economia italiana nel corso del 2015: frena la crescita e i prezzi tornano a calare”. È quanto si legge nel quarto numero dell’Almanacco dell’economia, curato dall’area delle politiche economiche della Cgil nazionale. L’elaborazione, realizzata sui conti trimestrali Istat, evidenzia come la crescita del Paese nell’ultimo trimestre del 2015 abbia continuato a rallentare fino a tornare pericolosamente vicino allo zero (0,1%).

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Lo stesso Istat prevede una possibile crescita del Pil, nel primo trimestre 2016, che oscilla tra meno 0,1 e 0,3 punti percentuali. Il ritmo di crescita dell’Italia, secondo il sindacato guidato da Susanna Camusso, “è assai più modesto delle aspettative e, comunque, inferiore alla media dei principali paesi industrializzati ed europei”.

Per la Cgil, si tratta di “uno sviluppo contenuto”, così come rilevato dall’indice di ripresa della domanda effettiva (Iride), l’indicatore economico elaborato dalla Cgil, che per il 2015 risulta rosso (meno 0,5), anche se nell’ultimo trimestre dell’anno si è colorato di verde, registrando un più 1. Una crescita sulla quale torna a gravare, a febbraio, un’inflazione negativa: meno 0,2% in termini congiunturali, meno 0,3% in termini tendenziali.

Nel 2015 la crescita del Pil di 0,6 punti percentuali è stata trainata dagli investimenti fissi lordi (più 0,6%) e dai consumi privati (più 0,9%), favoriti dai rinnovi dei contratti nazionali, dalla svalutazione fiscale e dai redditi dei nuovi occupati, mentre hanno subìto un’ulteriore riduzione sia la domanda pubblica (meno 0,7%) che la domanda estera netta (meno 11%). Non solo. Dall’analisi dell’ultimo numero dell’Almanacco si evince che dopo una variazione positiva del tasso di disoccupazione, registrata nel quarto trimestre dello scorso anno, a febbraio l’Inps ha certificato un drastico calo delle assunzioni (meno 40%) e delle trasformazioni (meno 79%), dovuto – sempre secondo la Cgil – alla netta riduzione degli incentivi fiscali per le nuove assunzioni.

È aumentato solo il lavoro accessorio: i voucher sono 9 milioni e 227mila. “La deregolazione del mercato del lavoro – si legge nello studio – non ha avuto alcun effetto positivo sull’occupazione e sulla crescita. Anzi, ha creato maggiore precarietà”. Se non si dovessero realizzare subito nuovi investimenti pubblici e non si moltiplicassero nuovi posti di qualità, presto la ripresa – appena agli inizi – sarà già al termine. “L’analisi – conclude la Cgil – conferma che creare, tutelare e rappresentare il lavoro, come abbiamo proposto con il Piano del lavoro, la Carta dei diritti e con il documento unitario di riforma del modello contrattuale, è l’unica via per uscire dalla crisi per un nuovo modello di sviluppo”.

 

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