«Il prossimo 25 novembre il popolo svizzero sarà chiamato a votare l'iniziativa referendaria federale avanzata dall'Unione democratica di centro, partito della destra elvetica, denominata "Per l'autodeterminazione", che punta a garantire il primato svizzero sul diritto internazionale, ovvero a consentire il rispetto dei trattati internazionali solo con riserva. Iniziativa quest'ultima che segue l'analogo referendum dal vago sapore xenofobo: "Prima i nostri", approvato dal popolo nel settembre del 2016 ma bloccato dal Gran Consiglio perché incompatibile sia con il diritto federale che con l’accordo internazionale sulla libera circolazione». E' quanto si legge nell'ordine del giorno approvato all'unanimità dal congresso della Cgil Lombardia concluso il 22 novembre scorso.

«L'iniziativa, contraddittoria anche sul piano delle possibili conseguenze giuridiche - prosegue l'ordine del giorno -  e autolesionista rispetto alla reputazione internazionale del Paese, è anche un esplicito attacco ai diritti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori. Il conseguente abbandono da parte della Svizzera della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e di altre convenzioni internazionali, a seguito del prevalere delle tesi dei promotori in un paese, lo ricordiamo, privo della Corte Costituzionale a cui poter ricorrere in caso di espliciti profili di incostituzionalità o di vere e proprie violazioni dei diritti fondamentali da parte di leggi emanate dal Parlamento, aprirebbe la strada agli avversari dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e delle libertà sindacali. Dalla Cedu e dalle convenzioni dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro derivano e sono garantiti i fondamentali diritti dei lavoratori, condizioni minime necessarie per garantire un lavoro dignitoso, indispensabile soprattutto in quei paesi dove i tassi di copertura della contrattazione collettiva non sono prevalenti, quando non addirittura assenti».

«Tutela dei diritti fondamentali tra i quali l’abolizione del lavoro minorile, l’eliminazione della discriminazione sui luoghi di lavoro, l’abolizione del lavoro forzato, la libertà d’associazione e il diritto alla negoziazione collettiva, sono strumenti il cui venir meno metterebbe a repentaglio le condizioni morali e materiali di milioni di lavoratori, prospettando un futuro che nell'idea della destra populista sembra invece spalancare il medioevo».

Per Giuseppe Augurusa, responsabile nazionale Cgil dei lavoratori frontalieri, «prime vittime di questa infausta prospettiva le minoranze più deboli, tra cui le decine di migliaia di lavoratori frontalieri nostri concittadini che pur contribuendo in maniera determinate allo sviluppo del paese, sono tuttavia quotidianamente alle prese con problemi di coesione sociale, rischio del dumping salariale, oltre ad una crescente diffidenza alimentata dall'irresponsabile campagna delle destre populiste e isolazioniste».

«Il congresso della Cgil Lombardia, nel pieno rispetto del diritto all'autodeterminazione dei popoli e degli affari interni agli Stati sovrani, condivide l'appello al No del vasto schieramento contrario all'iniziativa referendaria, si pone convintamente a fianco delle compagne e dei compagni dell'Unione Sindacale Svizzera impegnati in questa fondamentale battaglia, auspica che la vasta comunità italiana residente nel Paese possa dare un contributo determinante alla sconfitta dell'iniziativa», si legge nell'odg. 

Dichiara infine Elena Lattuada, segretario generale della Cgil Lombardia: «La Cgil è da sempre a fianco di chi si batte per la difesa dei diritti e delle tutele delle persone, dentro e fuori dai luoghi di lavoro. Il Congresso della Lombardia ha voluto esprimere plasticamente la condivisione delle posizioni del vasto comitato per il No, pur nel pieno rispetto del principio di autodeterminazione del popolo svizzero attraverso il voto. Ragioni sostenute, tra gli altri, dal sindacato Unia e dell'intera Unione sindacale Svizzera, organizzazioni a cui ci lega una fraterna e lunga collaborazione, oltreché una comune visione su molte delle politiche a difesa dei più deboli».