Inspiegabile e inaccettabile. Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil bollano così la decisione di Cementir di licenziare quasi un terzo dei suoi dipendenti: in tutto 106, 96 operai e 10 quadri e impiegati, distribuiti negli stabilimenti di Taranto (47 ), Arquata Scrivia, in provincia di Alessandria (25), Spoleto, Perugia (21), e Maddaloni, Caserta (10), nel centro di distribuzione di Civitavecchia (2) e nella sede di Roma (1).

A distanza di meno di due mesi dall’acquisto del ramo d’azienda cemento e calcestruzzo della società Sacci, e in un un momento di crescita per il gruppo, che registra un utile di 800 milioni, la decisione di Cementir è, per i sindacati, incomprensibile e incongruente: “Siamo di fronte a un colpo di mannaia immotivato: nello stabilimento di Taranto si prevede il licenziamento di 47 dei 72 operai, proprio alle soglie della scadenza del contratto di solidarietà, che dovevamo ridiscutere e su cui avrebbe pesato positivamente la notizia dell’avvio delle opere di ampliamento del porto. Ad Arquata Scrivia, dove sono previsti 25 licenziamenti, presso la Prefettura era stato raggiunto un accordo per l’assorbimento degli esuberi Cementir, nel caso in cui una delle sue società si fosse aggiudicata i lavori per il Terzo Valico. Ora che la controllata Betontir ha avuto l’appalto, perché quell’accordo non viene rispettato? A Maddaloni, dove sono previsti 10 licenziamenti, il gruppo ha deciso di esternalizzare lo sfruttamento della cava e diventarne cliente".

Dalle organizzazioni dei lavoratori, quindi, la richiesta ai vertici del gruppo di “ritirare immediatamente la procedura dei licenziamenti collettivi e d'incontrarci quanto prima, per definire una via d’uscita in grado di scongiurare una vera tragedia sociale per 106 famiglie italiane. Nei prossimi giorni si riunirà a Roma il coordinamento delle Rsu, che deciderà le iniziative di mobilitazione da prendere sui territori interessati”, concludono le sigle delle costruzioni.