“È altissima l’adesione allo sciopero di 24 ore dei lavoratori portuali ed è ampissima la partecipazione ai presìdi e alle manifestazioni organizzate da ogni porto”. A dirlo sono i segretari nazionali della Filt Cgil Natale Colombo, della Fit Cisl Maurizio Diamante e della Uiltrasporti Marco Odone, commentando l’andamento della protesta organizzata per l’intera giornata in tutti gli scali del Paese: "È un’azione importante e utile manifestare apertamente e attraverso la voce dei lavoratori la fase di stallo del rinnovo contrattuale”, aggiungono gli esponenti sindacali: “Il contratto e la necessità di adeguarlo ai nuovi bisogni, e le regole necessarie a salvaguardare l’occupazione e la professionalità del lavoro portuale, restano punti irrinunciabili per il sindacato”.

Sit-in si sono tenuti ad Ancona, alle ore 9, davanti alla sede dell’Autorità portuale (presso il Molo da Chio); a Cagliari, alle 10 davanti alla sede dell'Autorità portuale; a Catania, alle 12 di fronte alla sede dell’Autorità di sistema; a Chioggia (Venezia), a partire dalle 6, davanti all'entrata del porto (in via dal Rio); a Civitavecchia (Roma), alle 10 all'ingresso del porto: a Livorno, in Varco Valessini, Varco Galvani, rotatoria ingresso darsena Toscana, ingresso Seatrag/Sdt, Stazione Marittima e Teatro Goldoni, pressoché per l'intera giornata; a Marghera (Venezia), a partire dalle 6, davanti all'entrata del porto (in via del Commercio, darsena Fincantieri); a Napoli, alle 6 al Varco Immacolatella, alle 10 nel piazzale antistante l’Autorità portuale, cui seguirà un corteo interno al porto; a Ravenna, alle 10, davanti alla sede della Prefettura (in piazza del Popolo).

In Campania, ad esempio, si è sfiorato l’80 per cento di adesione nei porti di Napoli, Castellammare di Stabia (Napoli) e Salerno. "I lavoratori dei porti campani hanno aderito in maniera compatta alla giornata di mobilitazione. È un grande risultato e non è stato facile conseguirlo" ha dichiarato Vita Convertino, segretaria regionale della Filt Cgil Campania: "Il rinnovo del contratto è una priorità irrinunciabile. Chiediamo al governo e alle parti datoriali di riprendere il dialogo, evitando che si scateni nei porti italiani una guerra tra poveri sulla pelle dei lavoratori. L’Autorità portuale deve svolgere appieno i suoi compiti, vigilando sul rispetto delle regole all’interno dei porti".

Le trattative per il rinnovo del contratto si sono interrotte il 12 aprile scorso. E ai lavoratori, per dare uno scossone a questa fase di stallo, non è rimasto che lo sciopero. "Il ccnl unico di settore, in quanto valore insostituibile di regolazione e di tutela, è uno dei temi centrali alla base della vertenza a salvaguardia del lavoro portuale e delle proprie specificità”, spiegano Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti: “Oggi, nei mutamenti in atto nei porti italiani, con la partecipazione di compagnie di navigazione e fondi finanziari negli assetti delle imprese terminaliste, la strategia è rivolta a ricavare tagli di costo nelle filiere di trasporto a spese dei lavoratori portuali e delle condizioni di lavoro e di sicurezza”.

Una situazione “ignorata dal governo, che elude ogni richiesta di confronto con le organizzazioni sindacali”. Ma anche trascurata “da molti presidenti delle Autorità di sistema portuale, che non svolgono il previsto ruolo di garanti nel funzionamento dei porti, che sono infrastrutture pubbliche e perni del sistema Paese”. La portualità italiana, dunque, sta attraversando un momento di grande vulnerabilità. “La fase di stallo del negoziato per il rinnovo del ccnl dei porti – insistono Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti – non rappresenta soltanto la distanza tra le diverse sensibilità tra le parti, ma l’avvio del tentativo di destrutturare pezzo dopo pezzo l’attuale sistema regolatorio vigente nei porti italiani, a fronte di una piattaforma ‘essenziale’ calibrata sulle prospettive del lavoro portuale”.

I sindacati puntano l’indice anche sulla “totale assenza di una regia da parte del ministero dei Trasporti”, che sta generando “una portualità divisa e senza una strategia comune, alla mercé delle compagnie armatoriali, che hanno conquistato gran parte dei terminal italiani esponendo i porti e i lavoratori a grandi incertezze, considerando anche le nostre forti preoccupazioni per l'automazione delle operazioni portuali e il progressivo e inesorabile invecchiamento dei lavoratori, nonché la loro inevitabile usura”.

È per queste ragioni che i sindacati chiedono al ministero, di concerto con le Autorità di sistema portuale e assieme alle parti sociali, di “dare concreta attuazione ai piani dell’organico porto”. Ed è per questo che Filt, Fit e Uiltrasporti chiedono anche “di individuare uno strumento in grado di accompagnare alla pensione tutti i lavoratori e di regolamentare gli effetti, sugli organici, dell’automazione del ciclo produttivo e, conseguentemente, l'accesso alle risorse (di cui al comma 15bis della normativa vigente)”.

“Comprimere i diritti dei lavoratori, forse, può produrre benefici, ma soltanto per i cosiddetti ‘nuovi terminalisti’ dell’imprenditoria armatoriale e dei fondi finanziari”, continuano i sindacati: “Riteniamo assordante, quindi complice, il silenzio del governo – riluttante a ogni richiesta di nostro incontro – e del ministero competente, per niente vigile sulle innumerevoli irregolarità registrate nella gestione e nell’applicazione della norma di molte Autorità di sistema portuale”.

I sindacati rimarcano che “il controllo superficiale dei criteri autorizzativi del mercato delle imprese, la scarsa vigilanza sui requisiti minimi nel mercato del lavoro e sull’autoproduzione delle operazioni portuali, la gestione delle autorizzazioni/concessioni, la destrutturazione degli uffici del lavoro portuale nelle Autorità e la modifica della loro natura giuridica sono alcuni degli altri temi oggetto di palesi violazioni della norma e interpretazioni soggettive che, anziché mettere a frutto le enormi potenzialità del nostro Paese, di fatto lo stanno condannando all'arretramento”.

Filt, Fit e Uiltrasporti, in conclusione, si oppongono “a qualsiasi ipotesi di snaturare la funzionalità dei porti e il sistema di regolazione a esso riconducibile. Non intraprendere questa battaglia significherebbe abbandonare la ‘mission’ dell’interesse generale della portualità”. I sindacati, dunque, non accettano “che venga scaricato sui lavoratori il peso della ‘insipienza’ politica e istituzionale né la volontà di privatizzare i profitti e accollare i debiti sulla collettività”. E pretendono “un contratto che sia in grado di ridare potere d’acquisto al lavoratori e capace di rispondere alle esigenze della portualità”.

(aggiornamento ore 15.55)