È il giorno dello sciopero. Oggi, giovedì 18 gennaio, i precari della giustizia si fermano per l’intera giornata, nello stop nazionale proclamato dai sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti. Si tratta degli addetti ai servizi di documentazione degli atti: circa 1.500 fonici, trascrittori e stenotipisti, impiegati in condizioni di lavoro precarie e inadeguate alla delicatezza del servizio prestato con competenza e professionalità. E sono soprattutto donne. È prevista a Roma una manifestazione nazionale in Piazza Cavour, davanti alla sede del Palazzo di Giustizia dalle 10 alle 13.

La mobilitazione si è resa necessaria dopo “l’assenza di sviluppi concreti nella vertenza”. Spiegano le sigle di categoria: “Nulla è seguito alle dichiarazioni d’intento del ministero annunciate nell'ultimo incontro del 21 dicembre, convocato dopo la proclamazione dello stato di agitazione”.

La questione principale in ballo si chiama internalizzazione: il ministero della Giustizia ha risposto positivamente alla richiesta di internalizzare le lavoratrici e i lavoratori in appalto, ma finora “non ha ancora dato avvio al processo di internalizzazione né paventato una precisa e concreta prospettiva temporale per la stabilizzazione dell'occupazione”.

I nodi da sciogliere

Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti ritengono “insufficiente anche il riscontro alla richiesta di chiarimento relativamente ai tagli alle spese del ministero della Giustizia, previsti nella legge di bilancio 2024, che, alla luce della prossima scadenza della gara d’appalto, potrebbero incidere sui livelli occupazionali e salariali attuali”.

Sullo sfondo, inoltre, resta la “grande confusione generata dalle modalità di attuazione della riforma Cartabia del processo penale telematico, che si ripercuote sulle lavoratrici e sui lavoratori in appalto, alle prese con l'utilizzo dei nuovi impianti senza aver ricevuto una formazione adeguata e certificata”.

Subito un tavolo di confronto

I sindacati sollecitano l’apertura di un tavolo di negoziazione permanente, in gradi di avviare “la procedura d’internalizzazione con l'assunzione da parte del ministero della Giustizia di tutte le lavoratrici e i lavoratori impiegati nell'appalto”.

Serve quindi “la garanzia che, nella fase di attuazione della riforma Cartabia e di gestione del servizio in appalto, rimangano invariati i livelli occupazionali e salariali attuali. Necessaria inoltre l’erogazione, da parte dello stesso dicastero, di un percorso di formazione che certifichi le professionalità”.

Tiziana: “Non siamo fantasmi”

Dietro la mobilitazione, come sempre, ci sono le persone in carne e ossa. Con le loro storie, i problemi e le speranze per un futuro migliore. Abbiamo raccolto le loro voci con tre testimonianze dai tribunali.

“Sono una stenotipista del Tribunale di Napoli – esordisce Tiziana Menichini -, faccio questo lavoro da ventisette anni e da sette a Napoli, dopo avere operato per molto tempo al Nord. Le mie mansioni sono delicate e importanti: ho il compito di redigere il verbale in udienza e di registrare, mentre si svolgono gli interrogatori dei testimoni”. L’incertezza è la preoccupazione maggiore: “Non sappiamo quale sarà il nostro futuro – prosegue -. Il discorso sull’internalizzazione è rimasto in sospeso. Io lavoro con ditte private, ho iniziato con piccole imprese per poi arrivare nel consorzio che gestisce oggi tutti i tribunali italiani. Le aziende che si susseguono non garantiscono l’occupazione, io stessa sono stata ferma qualche anno perché la paga era inadeguata”.

“Ho cinquant’anni e sono madre di due figli adolescenti, non sarebbe facile ricollocarsi – a suo avviso –. Sarò in piazza a Roma con i miei colleghi, partecipiamo in massa per far sentire la nostra voce. Ci hanno definito ‘fantasmi dei tribunali’ – conclude -, ebbene non lo siamo, facciamo capire che senza di noi i tribunali si fermano”.

Emanuele: “Ogni due anni il terrore del cambio appalto”

Emanuele Bongiorno fa il fonico e trascrittore per il Tribunale di Termini Imerese, di cui è anche Rsa come per il Tribunale di Palermo. “Pur lavorando per il ministero dei Giustizia siamo in appalto – esordisce -. Ogni due anni c'è il ‘terrore’ del cambio appalto, che va oltre la clausola sociale di salvaguardia che ci protegge. La paura la viviamo sempre. Poi, grazie al sindacato, siamo stati informati e formati su come superare il timore”.

C’è poi un altro punto trascurato: “Ci preoccupa anche la giustizia che procede nell’ottica della digitalizzazione, per esempio con l’introduzione dei programmi di trascrizione automatici. Coloro che fonoregistrano o trascrivono i verbali possono essere sostituiti da un’intelligenza artificiale, da qui deriva la preoccupazione”.

Il dicastero, infine, a parole si è detto disponibile all’internalizzazione ma non è seguito nulla. “Non è successo niente, non si è avviato alcun tavolo tecnico – così Emanuele -. Di conseguenza scendiamo in piazza dopo tanti mesi in cui abbiamo cercato di costruire identità, allargare la partecipazione, radicalizzare la speranza e guadagnarci il futuro”.

Martina: “Chiediamo di essere riconosciuti”

Martina Mignano è una fonica trascrittrice, in servizio sempre nel capoluogo campano. “Ogni giorno registro le udienze in aula – racconta -, poi torno a casa e inizio a trascrivere il verbale. Lavoro qui dal 2017, presto farò sette anni, sempre se ci danno qualche notizia sul nostro destino”. La lavoratrice offre la metafora dello spettacolo: “Hai presente quando guardi un film e dietro ci sono le maestranze, quelle figure che non vedi ma fanno girare l’ingranaggio? Ecco, noi siamo quelle persone. Dal punto di vista lavorativo facciamo esattamente quello: garantiamo lo svolgimento dell’attività del tribunale, che senza di noi verrebbe meno”.

Anche a livello contrattuale ci sono problemi. “Abbiamo il contratto nazionale dei multiservizi – spiega Martina -, che a livello di responsabilità non è proprio l’ideale. È stato poi firmato un accordo integrativo per riconoscere le nostre figure e il nostro impegno, ma solo nel 2017”.

Qual è la rivendicazione principale? “Chiediamo di essere riconosciute. Facciamo orari particolari, siamo soggetti sia al magistrato che all'azienda, che a sua volta risponde al ministero della Giustizia. Senza contare che finora nelle gare d’appalto è andata bene, le ditte sono state riconfermate, ma non sappiamo se sarà ancora così: possiamo non essere confermate o non avere più gli stessi livelli salariali. È come ricominciare da zero. Per questo l’internalizzazione non si può davvero rimandare: servono garanzie economiche e più tutele sul fronte dei diritti”.

Anche lei sarà in piazza a Roma: “Il Tribunale di Napoli garantirà solo i servizi essenziali – conclude – la stragrande maggioranza verrà a manifestare”.