Dopo la rottura del tavolo di trattativa e la disdetta del contratto integrativo aziendale, le lavoratrici ed i lavoratori di Metro Italia Cash&Carry si erano mobilitati con iniziative territoriali: scioperi improvvisi, assemblee, volantinaggi e blocco delle flessibilità. Oggi (19 aprile) tutti insieme i dipendenti della multinazionale tedesca hanno incrociato le braccia per dire no a un integrativo peggiorativo e al regolamento aziendale. Lo affermano i sindacati di categoria, in una nota congiunta.

Metro, in questi anni, "ha progressivamente disinvestito sui propri dipendenti, aumentato invece i lavoratori in appalto a cui non riconosce gli stessi diritti e lo stesso salario. L’ultimo atto di questo progetto aziendale è stata la disdetta del contratto integrativo aziendale, pretendendo di ridurre ulteriormente il salario e di peggiorare l’organizzazione del lavoro". 

L'azienda si rifiuta inoltre di fornire il dettaglio del piano industriale. Nei mesi scorsi sono stati annunciati improvvisamente licenziamenti nei punti vendita di Mantova e Pordenone, che sono stati chiusi senza preavviso e quelli di Bari, Catania, Mestre e Verona che sempre senza preavviso sono stati ridimensionati. In questi giorni sono a rischio le lavoratrici ed i lavoratori del punto vendita di Bolzano, che ha il contratto di affitto in scadenza e i dirigenti aziendali si rifiutano di chiarire quali siano i rischi occupazionali. "Un comportamento che evidentemente non rispetta i dipendenti e le loro famiglie", aggiungono le sigle.

Metro è un’azienda in utile grazie al lavoro che i dipendenti svolgono ogni giorno con dedizione, secondo i sindacati, quindi "è inammissibile che si comporti con tale arroganza". L’adesione allo sciopero "è stata straordinaria fin dai primi turni della mattina ed alcuni punti vendita hanno chiuso. In tutta Italia presidi e volantinaggi per spiegare ai clienti le ragioni della mobilitazione, a Milano un gruppo di lavoratori in sciopero è andato a protestare sotto la sede per far sentire al gruppo dirigente la pressione della protesta". Filcams, Fisascat e Uiltucs concludono: "L’impresa deve rivedere la propria posizione e riaprire un vero tavolo di trattativa, le lavoratrici e i lavoratori lo esigono".

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