Una partecipazione straordinaria, una forte risposta popolare a chi, invece di mettere in pratica la Costituzione, continua a disapplicarla e a volerla stravolgere. Questo il giudizio sulla manifestazione della Via Maestra, organizzata il 7 ottobre scorso a Roma da Cgil e oltre 200 associazioni, espresso dall’Assemblea generale della Confederazione.

Ed è proprio sulla Via Maestra, e dei tanti “diritti” inapplicati che la piazza di San Giovanni ha messo in campo (dal lavoro sicuro alla salute, dall’istruzione all’abitare, dall’ambiente salubre alla pace), che la Cgil intende continuare il percorso, organizzando a breve una giornata di confronto con tutte le associazioni che hanno dato vita alla manifestazione.

Un percorso che, rafforzato dalla campagna di assemblee e dalla consultazione straordinaria certificata (di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati) iniziata a settembre, dovrà continuare “nelle prossime settimane – si legge nel documento dell’Assemblea – per proseguire la mobilitazione, fino allo sciopero generale”.

Salario minimo

La Confederazione, anzitutto, stigmatizza “l’inaccettabile utilizzo politico che si è deciso di fare del Cnel per sostenere le posizioni del governo contro l’introduzione del salario minimo”. La Cgil s’impegna a rivendicare “un minimo orario sotto il quale i contratti non possono andare e a proseguire, nei confronti delle controparti datoriali, una vertenza salariale, generale e coordinata, finalizzata al rinnovo dei contratti nazionali e alla reale difesa e all’aumento del potere di acquisto dei salari”.

Legge di bilancio

Le scelte che il governo sta compiendo, a partire dalla manovra finanziaria in discussione, vanno “nella direzione sbagliata, producendo un aumento dei divari e delle disuguaglianze”. Una legge di bilancio “totalmente rinunciataria (l’impatto dichiarato sul Pil 2024 è pari allo 0,2%), insufficiente e all’insegna del ritorno all’austerità”. Inoltre, la mancanza di risposte “alle tante emergenze sociali ed economiche del Paese, nell’immediato e nella prospettiva, non potrà che aggravare la situazione”.

Stipendi e assegni previdenziali

Nella prossima manovra finanziaria non ci sono risposte alla “drammatica emergenza salariale che – a fronte di un’inflazione da profitti, persistente e oltre la media europea – ha falcidiato il potere di acquisto” di stipendi e assegni previdenziali, e che “non sarà recuperato con il cosiddetto trimestre tricolore”.

Per la Cgil è necessario “aumentare i salari attraverso i rinnovi dei contratti nazionali pubblici e privati, aumentare le detrazioni ripristinando un meccanismo autentico di fiscal drag e tutelare pienamente il potere d’acquisto delle pensioni”. E c’è di più: gli stanziamenti previsti per il rinnovo dei contratti pubblici “sono assolutamente insufficienti” e “non ci sono misure a sostegno dei rinnovi nei settori privati”.

Welfare

La Cgil evidenzia che “continua il definanziamento – e quindi lo smantellamento, con conseguente privatizzazione – del welfare pubblico, in particolare della sanità e dell’istruzione”. L’Assemblea sottolinea che “non si stanzia alcuna risorsa per attuare le leggi sulla non autosufficienza e la disabilità”, nello stesso tempo “non s’interviene sull’emergenza abitativa, né sul versante dell’impennata che hanno avuto i mutui, né sul versante dell’incremento del costo degli affitti, né sui piani di edilizia popolare”.

Nel documento si rileva che “non si investe sul diritto allo studio e sul lavoro di qualità, non si dà risposta al grave problema sociale del milione e 700 mila giovani che non lavorano e non studiano, non si contrasta il fenomeno della fuga delle intelligenze”.

Lavoro e pensioni

Il documento sottolinea la mancanza di risorse “per finanziare un piano straordinario per l’occupazione nella pubblica amministrazione”, mettendo in risalto che “non c’è nulla sulla precarietà, che non solo non si contrasta, a partire da un piano di stabilizzazione nel settore pubblico, ma che anzi si punta – come dimostra l’ultimo decreto lavoro – ad allargare”. Inoltre, non si pone rimedio “alle storture del sistema degli appalti dopo la reintroduzione dell’appalto a cascata”.

Riguardo il capitolo pensioni, si rimarca il “peggioramento ulteriore del sistema previdenziale – azzerando anche le già insufficienti forme di flessibilità in uscita – con il pieno ritorno, di fatto, alla legge Monti/Fornero, e si continua a fare cassa sui pensionati limitando la perequazione”. Citazione d’obbligo per il tema della salute e sicurezza: la Cgil osserva che “non si interviene per evitare la terribile strage sul lavoro cui assistiamo quotidianamente”.

Politiche di genere

La Confederazione riscontra che “si continua ad affermare una visione della donna relegata ai compiti di madre e moglie: prevedere forme di sostegno solo alle donne con due figli è sbagliato e non produrrà effetti in termini di miglioramento della quantità e qualità dell’occupazione femminile”. Per l’Assemblea, invece, serve “investire in maggiori servizi e contrastare precarietà, part time involontari e divario salariale”.

Industria

Brutte notizie per lo sviluppo del Paese: “Si tagliano gli investimenti e si conferma l'assenza di qualsiasi politica industriale in grado di risolvere le tante crisi aziendali aperte e di affrontare – a partire dalle risorse del Pnrr – le sfide epocali della transizione digitale/energetica e della conversione ecologica, garantendo crescita, lavoro di qualità, innovazione, redistribuzione del reddito e una chiara strategia di rilancio industriale del nostro Paese”.

Fisco e Mezzogiorno

La politica fiscale del governo “è regressiva: dall’attacco al principio di progressività (flat tax e non solo) a un’evasione fiscale che – dopo i 14 condoni/sanatorie già deliberati nel solo primo anno di legislatura – si rischia addirittura di legalizzare attraverso strumenti come il concordato preventivo biennale”.

Per quanto concerne il Sud Italia, la Cgil nota che “il Mezzogiorno rischia di rimanere schiacciato tra l’autonomia differenziata, i tagli al Pnrr e le recenti scelte sulle politiche sociali e su quelle di coesione”.

Guardare al futuro

La Cgil ritiene che un’altra politica economica, fondata sulla leva redistributiva del fisco e sul rilancio degli investimenti, è non solo possibile ma necessaria. “Bisogna prendere le risorse – si legge – dove sono: extraprofitti in tutti i settori, lotta all’evasione fiscale, allargamento della base imponibile Irpef, grandi patrimoni, rendite finanziarie e immobiliari, redditi alti”.

Da qui l’urgenza di “proseguire la mobilitazione nei luoghi di lavoro e nei territori, dando mandato alla segreteria nazionale di proclamare con tutte le categorie intere giornate di sciopero e organizzare manifestazioni in tutto il Paese, a partire dal prossimo mese di novembre, nelle forme e nelle modalità ritenute più opportune, incluso lo sciopero generale”.

L’Assemblea generale valuta “positivamente la proposta avanzata dalla Uil di sostenere le rivendicazioni unitarie avanzate dalle organizzazioni sindacali al governo e alle controparti datoriali, avviando un percorso di mobilitazione comune con manifestazioni e ore di sciopero”. Di conseguenza, confermerà “alla Uil e alla Cisl la piena disponibilità a incontrarsi per una valutazione comune sulla fase e definire un percorso di mobilitazione con assemblee, manifestazioni e giornate di sciopero di tutte le categorie, fino allo sciopero generale”.