Un Paese che invecchia, un mercato del lavoro che si svuota. Nei prossimi dieci anni circa 6,1 milioni di italiani usciranno dal mondo del lavoro: un esodo generazionale senza precedenti, destinato a cambiare profondamente gli equilibri economici e sociali. È il cuore dell’allarme lanciato qualche giorno fa, e uscito un po’ in sordina, dal presidente dell’Inapp, Natale Forlani, davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla transizione demografica. Le proiezioni indicano che entro il 2060 la popolazione in età lavorativa (20-64 anni) si ridurrà del 34%, lasciando un vuoto che rischia di minare la crescita, la sostenibilità delle pensioni e l’intero impianto del welfare italiano. Un grande pericolo per l’economia e la tenuta del Paese.

Il peso crescente della spesa sociale

Il rapporto fotografa un’Italia già sotto stress. L’indice di dipendenza demografica cresce, le imprese faticano a reperire competenze e il bilancio pubblico si appesantisce. La spesa pensionistica salirà fino al 17% del Pil entro il 2040, mentre oltre 4 milioni di over 65 non autosufficienti richiederanno assistenza continuativa.

A fronte di una spesa pubblica per prestazioni sociali di 587,5 miliardi di euro, pari al 59,3% della spesa corrente, solo 57,1 miliardi sono destinati all’assistenza sociale e meno della metà arriva a servizi diretti. Troppo poco, denuncia l’Inapp, per affrontare un inverno demografico che non è più ipotesi ma realtà.

Donne e Neet: la riserva nascosta

La rigenerazione della popolazione attiva passa soprattutto da chi oggi resta ai margini del lavoro. È un “tesoretto” spesso dimenticato: 7,8 milioni di donne tra i 15 e i 64 anni sono inattive, ma oltre 1,2 milioni dichiarano di essere pronte a lavorare. Nel Mezzogiorno la quota supera il 23%, con Campania e Sicilia in testa.

C’è poi il nodo dei Neet: circa 1,4 milioni di giovani che non studiano, non lavorano e non cercano occupazione. Una platea che, se recuperata con politiche mirate di formazione e inclusione, potrebbe attenuare lo shock dell’esodo generazionale e restituire ossigeno al mercato del lavoro.

Lavorare più a lungo, ma meglio

L’Italia non dispone ancora di un sistema coerente di age management, ossia la gestione delle carriere nelle fasi mature. Eppure oggi oltre la metà degli occupati, il 54,9%, ha più di 45 anni. Da qui la proposta dell’Inapp: adottare politiche di “terza e quarta generazione” per prolungare volontariamente la vita lavorativa. Ciò significa investire in formazione continua, flessibilità, sicurezza e valorizzazione dell’esperienza.