Un vero e proprio tsunami rischia di abbattersi sui lavoratori di Abruzzo e Molise. Il vento di bufera soffia dal versante della quarantena Covid, che l’Inps, con un messaggio dello scorso 6 agosto, ha stabilito non più equiparabile alla malattia. Alla base di questa decisione l'esiguità delle risorse messe a disposizione dal Governo.

“Nei fatti – chiariscono in una nota congiunta il segretario della Cgil regionale Abruzzo Molise, Francesco Spina, e il coordinatore dell’Inca del territorio, Mirco D’Ignazio – le risorse per l’anno 2020 destinate a coprire quei lavoratori che dovevano rispettare l’obbligo di quarantena furono quantificate in 663,1 milioni di euro. Nulla è stato deciso invece per l’anno in corso”.

Il risultato è che, esauriti i fondi pregressi, verranno meno i requisiti per l’equiparazione della quarantena al periodo di malattia, con conseguenze molto pesanti su stipendi e contributi dei lavoratori interessati. “Una decisione peraltro retroattiva, dal primo gennaio 2021, e che riguarda tutti i coloro che, essendo entrati in contatto con positivi, sono stati posti in quarantena”.

La prima stima effettuata dal patronato della Cgil parla di un problema che riguarderebbe 6.200 lavoratori abruzzesi e 1.700 molisani, con un impatto economico medio che va da 650 a 1.100 euro (la quarantena prevista per i vaccinati è di sette giorni, che diventano dieci per i non vaccinati). Oltre al danno economico si aggiunge quello contributivo: l'assenza di copertura Inps, infatti, impedisce in quei periodi anche il riconoscimento dei contributi utili per la pensione.

“Un ulteriore tema – spiegano i dirigenti territoriali – riguarda la sicurezza sanitaria oltre che economica e contributiva. La notizia che non ci sarà copertura durante la quarantena rischia di indurre molti lavoratori che hanno avuto contatti con positivi, a riflettere sulla eventuale comunicazione da rendere per non essere collocati in quarantena e quindi perdere la retribuzione delle giornate. È inconcepibile che in un momento difficile, alla vigilia della ripresa dell’anno scolastico, della discussione sulla riorganizzazione dei trasporti, la ripartenza delle attività lavorative a pieno regime e la necessaria accelerazione della campagna vaccinale, si scelga di togliere un importante strumento di tutela per i lavoratori nel contrasto alla diffusione del virus”.

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Un problema che riguarda anche i lavoratori cosiddetti “fragili” (citati anche nel comma 2 dell’articolo 26 del decreto-legge n. 18/2020). L’Inps infatti precisa che sono coperti gli eventi fino al 30 giugno 2021, e quindi già dal primo luglio 2021, in mancanza di risorse, non c’è più alcun riconoscimento, alla pari degli altri lavoratori.

“È urgente – scrivono Francesco Spina e Mirco D’Ignazio – che il Governo intervenga subito trovando le risorse necessarie, ripristinando il giusto riconoscimento per combattere seriamente la crisi sanitaria e pandemica tutt’ora esistente. A livello unitario, le organizzazioni sindacali hanno già chiesto ai Ministri competenti un incontro sul tema e comunque un impegno serio per superare questa inverosimile situazione, attendiamo un urgente riscontro. È altrettanto importante che i parlamentari delle due regioni si adoperino verso il Governo nazionale e gli stessi Presidenti nella conferenza Stato-Regioni, pongano con forza il tema che riguarda tanti propri cittadini lavoratori e mettano al centro della discussione il rifinanziamento del fondo. Così come è di fondamentale importanza un impegno ulteriore e diretto delle due Regioni nel monitorare e vigilare sul rispetto delle norme in tema di sicurezza e tutela dei lavoratori sui posti di lavoro, nel pieno rispetto delle leggi e delle norme esistenti. Auspichiamo una presa di coscienza a tutti i livelli istituzionali sugli enormi rischi che decisioni di questo tipo potrebbero avere nel già difficile contrasto al Covid e al costante aumento dei contagi. Va urgentemente posto rimedio ad una scelta rischiosa e a danno dei lavoratori”.