Il 12 aprile 1989 si apre a Chianciano la prima Conferenza di programma della Cgil. Bruno Trentin, eletto segretario generale della Confederazione da pochi mesi, rompe gli indugi e illustra il suo progetto, avanzando l’ipotesi di una nuova Cgil, sindacato dei diritti, della solidarietà e del programma.

La Conferenza di Chianciano avvia un processo di autoriforma che, di fatto, proseguirà con la Conferenza di organizzazione di Firenze del novembre 1989 e con il Congresso di Rimini del 1991, per concludersi nel giugno 1994 con la seconda Conferenza programmatica della Confederazione.

Un momento particolare

Affrontando già nella relazione introduttiva quelli che ritiene essere i nodi irrisolti della politica sindacale (il rapporto tra sviluppo e natura e ambiente, la politica dei redditi e il debito pubblico, la democratizzazione dell’economia e delle imprese), Trentin afferma in apertura dei lavori: “Siamo consapevoli del momento particolare in cui si tiene questa Conferenza – dice –, della sua coincidenza con una fase di grande impegno di tutta la Cgil e del movimento sindacale per contrastare con efficacia il tentativo di rivalsa del governo nei confronti dei primi risultati della nostra lotta per la riforma fiscale e per rovesciare la logica punitiva e classista che ispira le prime misure adottate nei confronti dell’assistenza sanitaria per la parte più indifesa della popolazione”.

Preoccupa in particolare Trentin la dimensione dello scontro che si profila su questioni fondamentali, a cominciare dal ruolo della contrattazione, la riforma della pubblica amministrazione e quella dello Stato sociale. “La ricerca delle forme più efficaci di mobilitazione e di tenuta della pressione dei lavoratori intorno a piattaforme riformatrici – continua – non può che determinare, in una situazione come questa, un dibattito e anche la contrapposizione feconda di soluzioni alternative, fra la Cgil e le altre confederazioni e all'interno della stessa Cgil. È naturale e necessario che ciò avvenga. I prossimi giorni e le prossime settimane ci vedranno quindi coinvolti senza riserva in un grande sforzo di elaborazione, di confronto politico, ma anche di mobilitazione e di iniziative sindacali, alle quali dovremo dedicare tutte le nostre energie”.

Proprio questa consapevolezza e la collegialità di questo impegno, “al di là delle opinioni diverse che possono esserci sulle tattiche più efficaci da adottare”, inducono il leader di corso d’Italia a proporre “a questa Conferenza di mantenere rigorosamente l’obiettivo che da tempo la Cgil si è proposto: avviare una fase nuova di elaborazione e di definizione del Programma fondamentale della Cgil, senza rinviare a tempi migliori una ricerca collettiva che ha già subito troppi ritardi; e trarre un primo bilancio delle molte iniziative che sono state sperimentate, da due anni a questa parte, su alcuni grandi temi di strategia sindacale. Non possiamo permetterci il lusso di lasciare passare questo appuntamento”.

Rinnovare i gruppi dirigenti e le politiche

“Un rinnovamento dei gruppi dirigenti della Cgil e del loro metodo di lavoro - affermava nell’occasione il segretario - è possibile e necessario: io avverto questo problema come il compito principale che mi incombe (…) Ma non aspettatevi da me un rinnovamento degli uomini separato da un rinnovamento delle politiche, del programma, e della strategia della nostra organizzazione. E non aspettatevi da me il ruolo di un mediatore fra fazioni. Sono e rimarrò, credo, fino alla mia morte, uno dei pochi o dei molti illusi che ritengono che il rinnovamento dei gruppi dirigenti cammina con la coerenza delle idee, con l’assunzione delle responsabilità, con il coraggio della proposta e del progetto. E ciò, proprio perché sono convinto che presto o tardi, con la forza delle idee e delle proposte anche le forze culturalmente minoritarie di oggi, se dimostrano coerenza e rigore, possono diventare maggioranza domani ed essere davvero il futuro della nostra organizzazione (…) C’è bisogno, specialmente oggi, di una deontologia del sindacato che dia credibilità e certezze ai lavoratori e che lanci ai giovani che vogliono cimentarsi con questa prova il messaggio che lavorare per la Cgil e nella Cgil non è un mestiere come un altro, ma può essere, può diventare una ragione di vita”.