Periodicamente il Codice degli appalti pubblici finisce sotto attacco. Per alcuni, nel mondo dell'imprenditoria e della politica, ogni occasione sembra buona per mettere in discussione quello che per la Fillea Cgil resta invece uno strumento che funziona, e che ha imposto al sistema delle imprese il rispetto di regole e diritti. Ma cosa dice concretamente il Codice?

Il testo è stato varato il 18 aprile 2016, con il decreto legislativo 50. L'obiettivo era riordinare in una visione sistematica l’intero settore degli appalti pubblici e delle concessioni.

Il Codice stabilisce quali siano le caratteristiche che devono possedere le stazioni appaltanti e le centrali di committenza, i requisiti dei partecipanti alle gare, e le procedure da seguire per affidare l’appalto.

Il procedimento amministrativo, grazie a questo testo, deve avere un responsabile che lo coordini e che ne garantisca tutti i passaggi. Ci sono anche dei parametri per cui un'impresa può essere scelta. Deve dimostrare la propria capacità economica e la competenza tecnica per realizzare l’opera pubblica. Il Codice, inoltre, determina i criteri di valutazione delle offerte in numerose categorie, e le responsabilità del controllo di tutte le fasi della gara d’appalto.

Il Parlamento ha sostanzialmente confermato questo impianto generale con il Decreto semplificazioni del settembre 2020. Anche perché tutti gli studi confermano che la nuova normativa in questi anni ha portato a un aumento sia delle progettazioni che dell’avvio dei cantieri.

Nel 2019 gli importi dei lavori sono infatti cresciuti del 19,9% rispetto all'anno precedente. Il numero di procedure di gara indette nel 2018 è invece cresciuto del 26,5%, rispetto al 2017. Ad aumentare poi sono stati anche i lavori tradizionali (quelli che hanno meno a che fare con l'innovazione tecnologica), del 29,4%, e il numero di aggiudicazioni di importo superiore a un milione di euro: +34,4% nel 2019 .

A conti fatti insomma, il Codice degli appalti, sebbene venga periodicamente additato come causa principale dei ritardi nella realizzazione delle opere, resta uno strumento fondamentale. Senza, dice la Fillea Cgil, ci sarebbe un rischio reale di tornare alla giungla degli appalti, con meno trasparenza nel mercato, meno qualificazione d'impresa, meno diritti e meno tutele per i lavoratori.

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