Perugia, l’Umbria e soprattutto tantissimi giovani, hanno chiaramente detto no alla politica giocata sul corpo e i diritti delle donne, manifestando contro la delibera della giunta regionale che, modificando le norme prima in vigore, ha disposto tre giorni di ricovero in caso di ricorso all’aborto farmacologico. Un ritorno al passato che spaventa. Nonostante la pioggia e le restrizioni post Covid, in tantissimi ieri sono scesi in piazza IV novembre insieme alle associazioni femminili e studentesche, per protestare. Tra loro anche la Cgil umbra che da subito aveva condannato la scelta della giunta di centro destra guidata dalla governatrice Tesei vicina alla Lega.

“La vicenda della RU486 - spiega Barbara Mischianti segretaria della Cgil Umbria - è solo la punta dell’iceberg di una politica che sta smontando giorno dopo giorno la legge 194 riportando indietro i diritti delle donne e la conquista della loro autodeterminazione”. Come confermano i dati raccolti dal ministero della salute nell’annuale rapporto sull’applicazione della Legge 194. Il numero degli obiettori cresce di anno in anno, ormai sfiorano il 70% dei ginecologi, 42,2% del personale non medico e il 46,3 degli anestesisti.

Nei giorni scorsi anche la Cgil nazionale aveva contestato la delibera della giunta umbra osservando come il vero obiettivo di quel provvedimento sia ostacolare il ricorso alla Ivg. Non difficile a credersi se pensiamo che l’Ivg chirurgica che prevede l’anestesia, si effettua in day hospital. L’attacco ideologico delle destre alla 194 e alla libertà delle donne, manifesto del Family day di Verona, è evidente. Per questo la Cgil ha chiesto al ministro della salute Speranza di garantire non solo l’applicazione della 194, ma il diritto delle donne all’autodeterminazione, prendendo anche esempio dalle linee guida di gran parte paesi europei per la definizione dell’utilizzo della pillola RU486 nelle nove settimane.