Rimane aperto lo scontro politico sulla ratifica del Mes (il Meccanismo europeo di stabilità), slittata a novembre dopo che la Camera ha approvato la richiesta della maggioranza di una sospensiva di quattro mesi dell'esame della proposta di legge. È necessario specificare che si tratta della ratifica e non dell’utilizzo del Mes che, ricordiamo, è lo strumento nato per garantire la stabilità finanziaria nell’Unione europea, fornendo assistenza finanziaria ai Paesi della zona euro che si trovano in difficoltà finanziarie, motivo per il quale viene anche chiamato Fondo salva stati. L'Italia è l'unico tra i Paesi membri dell'Ue a non avere ancora approvato la ratifica.

La riforma

Il Mes, di per sè, è un’istituzione intergovernativa europea con sede in Lussemburgo attiva dal 2012, Nel 2021 si è proceduto con una riforma (quella ora sottoposta a ratifica), che, tra le altre cose, implica una modifica delle condizionalità, vale a dire di cosa si deve fare in cambio del suo utilizzo. Tra le clausole che più impensieriscono parte delle formazioni politiche italiane, c'è quella che impone la ristrutturazione preventiva del debito per accedere al sostegno finanziario.

Come viene finanziato il Mes

Il suo finanziamento avviene con i versamenti dei singoli Stati membri, che concorrono in base alla loro importanza economica per un totale 80 miliardi, e attraverso la raccolta sui mercati finanziari con l’emissione di bond sino ad arrivare a un ammontare massimo di 700 miliardi. Qualche esempio: l’Italia contribuisce per il 17.9% e ha versato 14,3 miliardi, la Francia per il 20,3% con 20 miliardi, la Germania per il 27,1% con 27 miliardi. La gestione è nelle mani di un Consiglio dei governatori (i ministri delle Finanze dei singoli Paesi), di un Consiglio di amministrazione e di un direttore generale. Fanno da osservatori il commissario europeo per gli Affari economico-monetari e il presidente della Bce. Le decisioni del Consiglio devono essere prese a maggioranza qualificata o a maggioranza semplice.

Chi e come lo utilizza

L’assistenza viene concessa ai singoli Stati solamene quando è necessaria per salvaguardare la stabilità finanziaria dell’intera area euro e dei membri del Mes stesso. Esistono diversi modi per utilizzarlo: accedere a un prestito per procedere con aggiustamenti macroeconomici (come hanno già fatto Irlanda, Portogallo, Grecia e Cipro); accedere a un prestito per la ricapitalizzazione indiretta delle banche (come ha fatto la Spagna); acquistare titoli sul mercato; avere accesso a linee di credito precauzionali e utilizzare la ricapitalizzazione diretta (strumenti finora mai usati).

Le posizioni nella maggioranza di governo 

L'esecutivo è in stato confusionale. Da sempre la Lega contrasta la ratifica ma, a sorpresa, Giancarlo Giorgetti, nella sua veste di ministro dell’Economia, si è schierato tra i favorevoli, anche per non incorrere nell’isolamento dell’Italia in Europa. Quindi ora si contrappongono Giorgia Meloni e Matteo Salvini da una parte e Giancarlo Giorgetti con Forza Italia dall'altra. Fratelli d'Italia e i salviniani, che temono in primo luogo le condizionalità del Fondo salva Stati, sono per il braccio di ferro con l'Unione europea, convinti che il Mes possa far ritornare politiche di austerità, che abbia un effetto disastroso sulle nostre casse e che l'Italia sia costretta a pesanti riforme, nel caso di utilizzo dello stesso. La loro richiesta formale è quella quindi di attendere di completare le modifiche del patto di stabilità e dell’unione bancaria.

I tempi

Il Mes riformato dovrà però essere ratificato dall’Italia entro la fine dell’anno, altrimenti tornerà il vecchio meccanismo, quello del 2012. Il voto, con lo slittamento a novembre, arriverà a ridosso del varo della legge di Bilancio, quando l’Italia sarà particolarmente attenzionata dalla Commissione europea, elemento che preoccupa le forze politiche.

La posizione del sindacato

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha di recente ricordato che “il sindacato, fin da tempi non sospetti, ha sempre pensato che se ci sono risorse da mettere a disposizione per fare investimenti”, queste “vanno utilizzate tutte, perché di questo abbiamo bisogno”. Per Landini il nostro paese ha necessità di investimenti per la sanità, anche con strumenti nuovi, ma è essenziale che alla base ci sia una idea precisa di Europa e di Italia, partendo “dal bisogno che ha il Paese e dal bisogno che hanno i cittadini".