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Ha debuttato a Roma, in anteprima nazionale a Carrozzerie NOT, Andrea Cosentino, con il suo nuovo spettacolo Trash Test. Un happening teatrale in cui l’attore e autore dialoga con ChatGpt, con il coinvolgimento del pubblico. Una performance dunque ogni sera diversa, che esplora i confini dell’intelligenza artificiale, interrogandosi sul rapporto tra artista e macchina, sul futuro dell’arte e del lavoro.
Andrea Cosentino, com’è nata l’idea dello spettacolo?
Il tema dell’intelligenza artificiale è sulla bocca di tutti, se non ce ne occupiamo noi artisti sarà lei a occuparsi di noi. O meglio, a occupare i nostri spazi. Nella mia carriera ormai quasi trentennale ho analizzato a teatro quasi tutti mezzi di comunicazione, a partire da quello che è il mio format teatrale più celebre, e che mi è valso il premio Ubu, Telemomò. In quello spettacolo mi occupavo della tv nata nell'Italia berlusconiana, giocando a smontare il linguaggio televisivo e le teorie che lo sottendevano. In qualche modo, oggi ho sentito il bisogno di provare ad occuparmi di intelligenza artificiale. Ovviamente con la mentalità e con l'approccio alla tecnologia che può avere un boomer quale anagraficamente sono, ma provando a smontarla, a forzare questa macchina che è l'intelligenza artificiale, per capire come farla diventare funzionale ai miei giochi teatrali, che sono sempre performativi e improvvisati.
Lei in scena è un solista. Stavolta dialogherà con un coprotagonista, ChatGpt. Con tutta la sua carica di imprevedibilità…o prevedibilità
Si tratta di un vero e proprio happening, e dunque con un ampio margine di improvvisazione, per cercare di capire cosa possiamo aspettarci o non aspettarci da ChatGpt. Il tutto, con i risvolti comici che caratterizzano il mio modo di fare teatro. Io gioco con l’intelligenza artificiale, la educo a diventare la mia spalla comica. In questo passaggio di consegne parodistico viene fuori, fatalmente, tutta la sua abilità linguistica, ma anche la sua stupidità (in)umana. E questa cosa risulta abbastanza divertente.
Per ChatGpt si usa il verbo “addestrare”. Da un lato sembra rassicurarci che siamo sempre noi a dominare la tecnologia. Dall’altro, è il verbo che si usa per gli animali, per gli eserciti. Non spaventa questa umanizzazione?
Assolutamente, è quello che cerco di affrontare per tutta la durata del mio spettacolo, provando a toccare anche argomenti delicati, tra cui proprio quello dell’umanizzazione. Nel nostro quotidiano dialoghiamo con queste macchine gentili, che ci chiedono “come posso esserti utile?”, ci ringraziano. Nello spettacolo sperimento una sorta di bullismo didattico nei confronti della macchina: la tratto male, invito gli spettatori a non empatizzare. Insomma, chiaramente sono giochi teatrali, che però in qualche modo segnalano quali siano i rischi di questa tecnologia ancora in fasce, eppure potentissima. A proposito dell’addestramento, a un certo punto costringo la macchina a ripetere di continuo “sì signore”. Infine, quello che voglio portare all’attenzione, sono le risposte “mainstream”, il fatto che l’immenso patrimonio di sapere posseduto dell’IA è comunque frutto di ciò che già esiste. Questo viene fuori soprattutto quando chiedo a ChatGpt di produrre la trama di un film distopico in cui l’IA sfugge al controllo umano per dominare il mondo. Ne viene fuori un film già sentito e parecchio mainstream.
Da Telemomò a Trash test continuano le sue sperimentazioni in scena con diversi mezzi di comunicazione. Un modo per analizzare il rapporto tra l’artista e la macchina. Come cambiano i rapporti di forza (espressiva)?
Il mio tentativo, più che di utilizzare questi linguaggi di volta in volta nuovi rispetto al teatro, è di smontarli, cioè di usare l'assemblea viva del teatro, ciò che accade “qui e ora” per forzare la macchina. Attraverso il dialogo con il pubblico, l’assemblea partecipa e mette in ridicolo la macchina, con risvolti comici, ma anche con uno stimolo del pensiero critico.
Oltre ai risvolti comici, lo spettacolo suggerisce infatti una riflessione politica che è oggi al centro del dibattito più che mai: come le nuove tecnologie cambieranno il lavoro nel mondo dello spettacolo? Ci sono professioni destinate a scomparire?
Il problema è che le forme di resistenza “paraluddistiche” possono funzionare fino a un certo punto, poi le tecnologie vanno avanti da sole, in un modo o nell’altro. I nostri protezionismi saranno, secondo me, di breve portata, se sono solo una reazione conservatrice. Il punto è affrontare il problema dell’IA da un punto di vista legislativo e per quanto riguarda i meccanismi del lavoro. Io, dal mio piccolo punto di vista di chi fa il teatro off, credo che noi attori non saremo mai sostituibili, proprio perché non siamo macchine che riproducono copioni scritti, ma siamo anche in grado di improvvisare. Questo stesso spettacolo ogni sera sarà diverso, cambierà. L’imprevedibilità del risultato e l’incontro col pubblico sono due componenti fondamentali.