La Cgil ha deciso di partecipare alla prossima Conferenza Onu sul clima che si svolgerà a fine novembre negli Emirati Arabi Uniti. Non è stata una decisione presa a cuor leggero. L’anno scorso non avevamo partecipato alla Cop27 in Egitto contestando la decisione dell’Unfccc di far ospitare la conferenza in un Paese che non garantisce i diritti umani, con un regime repressivo che ancora assicura impunità a chi ha torturato e ucciso Giulio Regeni e che detiene in carcere oltre 60 mila prigionieri politici.

Per motivi analoghi avremmo potuto fare la stessa cosa quest’anno, ma abbiamo ritenuto che una nostra partecipazione attiva nel percorso multilaterale possa essere l’unica via percorribile per incidere maggiormente nel processo decisionale, portando avanti le nostre denunce e rivendicazioni.

Il fatto che la Conferenza si svolga in uno Stato petrolifero, con un amministratore delegato del petrolio come presidente, spinge ancora di più il movimento globale per la giustizia climatica a chiedere ai governi di concentrare i negoziati su ciò che è alla radice della crisi climatica: i combustibili fossili. Alla Cop di Dubai il mondo osserverà i leader e si aspetta che compiano progressi sostanziali nell'eliminazione dei fossili.

Questo pone una grande sfida e comporta un’enorme responsabilità per il movimento sindacale. Dobbiamo assicurarci che questa eliminazione avvenga con una transizione equa e incentrata sul lavoro. Le discussioni sul "global stocktake" e sul "just transition work programme" sono un'opportunità per fare progressi su questo tema. Come Cgil porteremo avanti la nostra azione, nell’ambito delle iniziative del movimento globale per il clima, di cui la rete sindacale è da sempre fondamentale, contribuendo anche a rafforzare le nostre collaborazioni, anche in vista dell’impegno del prossimo anno, quanto con la presidenza italiana del G7 saremo impegnati nell’organizzazione della riunione del Labour 7.

Per la Cgil l'azione per il clima deve essere attuata coniugandola con la giustizia sociale, la pace e il disarmo, l’equità e il rispetto per i diritti umani e il lavoro, a livello globale e in modo inclusivo. La giusta transizione non può essere raggiunta senza la partecipazione democratica delle comunità e della società civile organizzata. Le libertà di espressione, protesta e informazione sono essenziali nei processi decisionali così come nei progetti di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.

Con queste convinzioni abbiamo aderito a una rete internazionale, la COP28coalition, che ha raccolto oltre 200 sigle di sindacati, movimenti, associazioni di tutto il mondo, e che denuncia il palese conflitto di interessi e l’illegittimità di una conferenza ospitata da un “petrostato” repressivo e presieduta da un dirigente petrolifero.

La giustizia climatica e i diritti umani sono profondamente interconnessi: non può esistere l’una senza gli altri. La COP28coalition vuole utilizzare l’attenzione politica e mediatica legata al vertice sul clima per puntare i riflettori sulla situazione di violazione dei diritti umani perpetrata contro le comunità, in particolare prigionieri di coscienza, lavoratori migranti, donne e comunità Lgbtqi+, e per essere solidali con quanti agiscono in prima linea per fermare gli impatti del cambiamento climatico e combattere le violazioni dei diritti umani negli Emirati e in tutto il mondo.

Allo stesso tempo la coalizione vigilerà affinché questa solidarietà non sia usata come arma dai ricchi Paesi industrializzati per puntare il dito contro gli Emirati ed evitare così di assumersi la responsabilità delle loro storiche e continue violazioni dei diritti umani e del loro ruolo nel creare e alimentare la crisi climatica.

Oggi la COP28coalition esce pubblicamente con una lettera indirizzata ai governi dei Paesi rappresentati nella coalizione, che verrà contestualmente pubblicata sui mezzi di informazione di tutto il mondo per ribadire il nostro appello “non può esserci giustizia climatica senza diritti umani, non possono esserci diritti umani senza giustizia climatica”, per chiedere ai leader politici di intraprendere misure concrete e immediate per affrontare la crisi dei diritti umani negli Emirati Arabi Uniti, ma non solo, e per garantire che i negoziati sul clima della Cop28 producano gli impegni ambiziosi necessari per affrontare il cambiamento climatico globale.

Ai governi chiediamo in particolare di:

1. chiedere agli Emirati Arabi Uniti di non spiare i partecipanti alla Cop28 e di porre fine alla sorveglianza statale illegale che viola le leggi e gli standard internazionali sui diritti umani;

2. invitare gli Emirati Arabi Uniti a rilasciare tutti i prigionieri di coscienza;

3. richiedere azioni contro le violazioni dei diritti delle donne negli Emirati Arabi Uniti e abrogare le leggi che discriminano le donne;

4. condannare le violazioni dei diritti Lgbtqi+ negli Emirati Arabi Uniti e abrogare le leggi che criminalizzano le persone Lgbtqi+;

5. richiedere riforme dei diritti dei lavoratori e risarcimenti per il lavoro forzato, risarcimenti per i lavoratori migranti che hanno costruito o hanno lavorato al sito delle strutture Cop28 (Expo City Dubai) in condizioni di abuso e lavoro forzato, l’impegno a proteggere i lavoratori dall'esposizione al caldo estremo e ai relativi rischi professionali, la revoca del divieto di sindacati indipendenti, l’abolizione del sistema della Kafala e la fine del traffico sessuale e delle condizioni di schiavitù sessuale a Dubai;

6. esortare gli Emirati Arabi Uniti a smettere di sostenere i violatori dei diritti umani nello Yemen e in tutto il Medio Oriente e il Nord Africa;

7. ripudiare pubblicamente il greenwashing degli Emirati Arabi Uniti e l’ipocrisia sui combustibili fossili, abbandonando i piani per aumentare drasticamente la produzione statale di petrolio e gas e rettificare il profondo conflitto di interessi creato dall’amministratore delegato della compagnia petrolifera statale degli Emirati Arabi Uniti, Sultan al-Jaber, che funge anche da presidente dei negoziati sul clima della Cop28.

Inoltre, la coalizione esorta tutte le nazioni ad adottare impegni significativi e ambiziosi alla Conferenza Onu, a partire da un’assunzione di responsabilità da parte dei Paesi più ricchi per le loro emissioni storiche, in linea con le loro responsabilità comuni ma differenziate e le rispettive capacità, e secondo principi di equità.

La Cop28 deve produrre un impegno globale per eliminare gradualmente tutti i combustibili fossili e i sussidi che ancora li sostengono, alla velocità necessaria per mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.

Simona Fabiani è responsabile Politiche per clima, territorio, ambiente e giusta transizione della Cgil