La presidente del consiglio Meloni è intervenuta nella riunione di alto livello dei capi di Stato e di governo alla Cop di Dubai. Ha usato un tono duro, per ribadire che l’Italia sta facendo la sua parte per la decarbonizzazione (quale?), in modo pragmatico, con un approccio di neutralità tecnologica, libero dai radicalismi. Ha detto che serve una transizione ecologica e non una transizione ideologica.

Sul Global Stocketake ha detto che ci sono motivi per essere ottimisti (impossibile comprendere quali). Infine ha dichiarato che una quota significativa del fondo per il clima, che ha una dotazione complessiva di 4 miliardi, sarà destinata al continente africano e che l’Italia contribuirà con 100 milioni di euro al fondo Loss and Damage.

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Pragmatismo e neutralità tecnologica, ovvero: l’Italia non ha nessuna intenzione di uscire dalle fonti fossili, argomento che infatti la presidente non ha neppure citato, anzi intende aumentare la produzione e l’importazione di gas, è contraria alla messa al bando dei motori endotermici a favore dell’elettrico e continuerà a promuovere i biocarburanti, continuerà a criminalizzare i migranti facendo accordi per “aiutarli” a casa loro e chi si oppone alle politiche climatico-energetiche del governo tacciandoli di radicalismo e approccio ideologico, portatori di disastri economici e sociali, non intende aprire un percorso partecipato per definire politiche di giusta transizione.

Un discorso arrogante, di chi fila dritto per la sua strada, ciò quella dettata dagli interessi delle partecipate fossili, senza nessuna preoccupazione delle conseguenze che questa comporta: disastro climatico, aumento delle disuguaglianze, perdita di competitività del Paese, dipendenza e alti costi energetici, perdita di opportunità di sviluppo delle nuove filiere strategiche e creazione di nuova e buona occupazione.

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Un discorso che non poteva essere più distante da quello di buon senso pronunciato ieri dal segretario generale delle Nazioni Unite Guterres, che aveva ricordato che il destino dell’umanità è in bilico e che ci sono tre azioni da intraprendere immediatamente: accelerare i tempi per le zero emissioni nette (2040 nei Paesi sviluppati e 2050 nelle economie emergenti), eliminare i combustibili fossili con un calendario chiaro allineato all’obiettivo di 1,5°C e finanziare la giustizia climatica: fondi per l’adattamento, Loss and Damage, mantenere la promessa dei 100 miliardi all’anno ai paesi in via di sviluppo.