"Sono dati chiari e significativi della necessità di tutele immediate, ma anche di programmare un'uscita dalla crisi puntando su innovazione e ricerca per lo sviluppo". Così il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, commenta il rapporto 2009 del consorzio Almalaurea su occupazione e occupabilità dei laureati.

Nonostante l'aumento, spiega, il numero dei laureati nel nostro Paese in età 25-34 anni è ancora decisamente inferiore agli altri paesi europei (17% contro 22% in Germania, 37% in Gran Bretagna e 41% in Francia), a cui si aggiunge il ritardo accumulato negli anni relativo alla popolazione più anziana (9% contro 16% in Francia, 23% in Gran Bretagna e Germania). Per Fammoni "questo è un indice chiaro del nostro modello di sviluppo: basato sulla competizione di costo e non sull'innovazione di prodotto. Anche prima dell'esplosione della crisi infatti la domanda di capitale umano qualificato era molto più bassa rispetto all'Europa".

La crisi economica, inoltre, "accentua queste tendenze", dato che nei primi due mesi 2009 è calata di un quarto la richiesta di laureati da parte delle imprese. Confermato anche il forte divario Nord-Sud nel numero delle assunzioni e nelle retribuzioni, con una penalizzazione a danno delle donne. Particolarmente rilevante è la tipologia lavorativa: "Il precariato diventa forma di accesso stabile al lavoro per i neo laureati solo per una minoranza (per oltre il 40% il lavoro è atipico, contro meno del 30% stabile) ma, e questo è significativo della tendenza, anche a 5 anni dalla laurea - conclude Fammoni - il tasso di occupazione rimane all'85% e solo il 70% di questi ha un lavoro stabile".